Sono davvero tanti gli eventi che mi è capitato di realizzare, moltissime le collaborazioni, le direzioni artistiche, le realtà didattiche.
Quante volte si assiste allo stesso rito – che è ormai diventata la norma – fatta di totale disinteresse fra le parti in causa, dove gli stessi insegnanti ignorano i propri studenti al momento dell’esecuzione, oppure viceversa, si assiste alla totale assenza di partecipazione durante una lezione concerto dell’insegnante stesso nella scuola dove opera, magari con grande passione e competenza, per non parlare del pubblico, fatto sì anche di gente comune, di genitori, di colleghi che – quando ci sono – poco hanno a che fare con un ascolto mirato, attivo, sensibile ed educativo.
Nessuno è perfetto e intendiamoci, non penso affatto di esserlo neanche io, ma il fastidio che provocano tali atteggiamenti, è indescrivibile: quanto fanno male i commenti di sufficienza e gli atteggiamenti ancor più discutibili di coloro che invece di ascoltare, mentre si suona, trovano sempre da parlare e sparlare, da distrarsi e distrarre a loro volta chi disgraziatamente capita nei paraggi.
Meglio tacere sul male musicale del secolo (il cellulare), che ormai è diventato una costante spina nel fianco di tutte le principali sale da concerto di tutto il mondo, segnale evidente di come sia finita in basso la cultura artistica.
Dico sempre ai miei ragazzi, che c’è tanto da fare e dunque non vale la pena di perdersi d’animo, dato che il lavoro non manca di certo a noi musicisti, certo che le difficoltà di base sono oggettive, specie là dove ti aspetteresti di trovare un terreno più predisposto al sapere e dunque più fertile alla conquista come dovrebbe sempre essere nella scuola.
Aggiungo che come insegnante, musicista e padre di musicisti in erba, incontro giornalmente tali imbarazzi nel quotidiano e più le persone che tradiscono tali atteggiamenti sono acculturate, più provo un senso di sdegno.
È di Emilio Cabasino dal “Corriere della Sera” del 24 febbraio scorso, l’articolo che indico come piccolo esempio, di ciò che spesso avviene tutto intorno durante un’esecuzione musicale.
Auguro ad amici, studenti, colleghi un buon lavoro, perché c’è ancora tanto da fare….
La lettera di un padre a Renzi: la Buona Scuola dovrebbe iniziare dal rispetto prima delle belle parole, ma lei stesso non ha prestato attenzione.
Egregio signor primo ministro, oggi (domenica, ndr) mia figlia quattordicenne ha suonato con la JuniOrchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, a Roma, all’evento del Pd, «La Scuola che cambia, cambia l’Italia». È tornata a casa in lacrime umiliata e mortificata dalla totale assenza di attenzione da parte del pubblico durante la loro esecuzione successiva al suo intervento. Mentre i ragazzi erano impegnati nella difficile esecuzione di musiche di Beethoven e di Tchaikovsky il pubblico in sala era principalmente impegnato a prodigare saluti, non solo parlando a voce alta, ma camminando e urtando i ragazzi, rendendo di fatto impossibile l’esecuzione stessa.
Lei stesso non ha prestato alcuna attenzione alla musica preparata e studiata dai ragazzi espressamente per questa circostanza.
Ma è mai possibile? Un convegno che parla di educazione e di scuola (anche sottolineando l’importanza della musica per la formazione di buoni cittadini) e i cui partecipanti trattano i ragazzi e il loro impegno in questo modo? Credo che la Buona Scuola inizi proprio da qui: dal rispetto dei ragazzi prima di tante belle parole e oggi questo è venuto drammaticamente a mancare. Un drammatico autogol per il Pd e per il mondo della politica!