Claudio Monteverdi, 450 anni dopo

Trovo, pubblico e diffondo molto volentieri, questa acuta riflessione di Beatrice Gargano, che fra l’altro condivido in pieno. Mi conforta conoscere il pensiero autorevole di una Docente di Musica da camera e Musica antica presso il Conservatorio di L’Aquila, nonchè Musicoterapista, coordinatrice del Corso di Specializzazione in Musicoterapia (Conservatorio e Università degli Studi di L’Aquila), Autrice di testi musicologici, dunque una vera specialista del settore. Sono certo, troveremo molti spunti utili al percorso appena intrapreso.

Cosa significa incontrare Monteverdi oggi?

< Significa avere qualcuno dietro le spalle che ha saputo solcare la storia, avendo fiducia nel proprio talento e nella propria unicità, al di là di ostacoli e critiche. E così tenerne a mente la lezione. E, da musicista quale sono, significa sentire il suo sprone nel ricordare che la musica è prima di tutto un veicolo importante per esprimere le emozioni. Ma cosa ha reso Claudio Monteverdi un essere così speciale? Provo a rispondere da musicista (così me ne sono innamorata).>

Con il suo genio, Monteverdi ha dato una svolta importante alla maniera di concepire la musica rompendo gli schemi fino ad allora validi ed intoccabili perpetuati da alcuni compositori coevi che lo criticavano per questo, primo fra tutti l’Artusi che pubblicò un’aspra polemica contro le sue tendenze progressiste, in un ambiente musicale che richiedeva il rispetto delle regole prescritte e inamovibili in fatto di composizione musicale.
Monteverdi non aveva per genitori due musicisti, ma due persone capaci di assecondare la sua inclinazione se pure diversa da quella che dava lustro alla famiglia. Il padre, infatti, era medico ma non esitò, assieme a sua moglie, Maddalena Zignani, ad assecondare il figlio nel desiderio di avvicinarsi allo studio della musica ancora giovanissimo e poi, viste le spiccate attitudini, ad affidarlo alle cure del grande musicista Marco Antonio Ingegneri, maestro di cappella nella cattedrale di Cremona.
Talento e passione per lo studio, gli permisero dai quindici anni in poi di veder pubblicate le sue raccolte di madrigali e canzonette. A venti anni Gardano e Amadio, importanti stampatori veneziani, pubblicarono il primo dei sei libri di madrigali e da quel momento la sua fama iniziò a volare oltre i confini del suo piccolo mondo.
C’è da sottolineare che in quegli anni (seconda metà del ‘500) la stampa era ancora molto costosa e gli editori più famosi si guardavano bene dal pubblicare cose di poco conto, soprattutto in musica, visto l’impegno sia economico che di prestigio che dovevano sostenere. La stampa aveva importato dalla Francia il sistema tipografico che permetteva di imprimere simultaneamente rigo musicale e note; questo sistema aveva dato una svolta in positivo al mondo degli editori, pur sempre in considerazione dei costi relativi alla carta, al tempo impiegato per stampare diversi libri contesto letterario e musica. La pubblicazione di un lavoro musicale costituiva, quindi, già di per sé un riconoscimento e poneva una lente d’ingrandimento sulla figura del compositore. Nel nostro caso il giovane Monteverdi. La fama era ormai conquistata.
Ed ecco che

…. alla corte dei Gonzaga ….

di Mantova Monteverdi fu presto assunto come suonatore di viola, cantore e compositore, ragione per cui il suo impegno divenne sempre più pressante dovendo essere presente nelle diverse vesti di strumentista, cantore e compositore sia nella vita privata che in quella pubblica di corte.  Dalle sue lettere, si evince l’ansia di raggiungere una posizione a corte che conferisse il dovuto riconoscimento economico al suo ingegno di musicista eclettico in quanto capace di cimentarsi nella composizione di musica sacra e profana, donando ad entrambe la sua ispirazione originale e fortemente innovativa. Ma si sa che a quel tempo i musicisti, anche coloro che avevano raggiunto fama e notorietà a corte, erano annoverati nell’elenco della servitù.
Alla corte dei Gonzaga avviene la prima rappresentazione della Favola in musica “L’Orfeo” nel 1607, su libretto di A. Striggio. Qui Monteverdi esprime tutto il suo talento musicale stravolgendo le ferree regole compositive che avevano fatto da guida ai musicisti coevi e allo stesso Monteverdi durante i primi approcci alla tecnica compositiva.
Monteverdi vuole condurre in parallelo parole e musica per dare piena libertà all’espressività emotiva. In questa rappresentazione teatrale la Musica è il personaggio al quale è affidato il compito di introdurre l’argomento e invitare gli spettatori al silenzio. Questo personaggio non apparirà più nel corso dell’opera in quanto figura rappresentativa, ma sarà sempre presente nel significato intrinseco dell’opera. Il racconto si riferisce al mito greco di Orfeo, semidio figlio di Apollo che sta per sposare la sua amata Euridice. Nel giorno delle nozze, mentre tutti sono impegnati in canti e suoni e soprattutto Orfeo con la sua lira donatagli da Apollo, una messaggera annuncia la morte di Euridice a causa del morso  di un serpente velenoso mentre era intenta a cogliere i fiori per adornarsi. Il canto della messaggera è pieno di dolcezza al ricordo della giovane Euridice e doloroso per l’evento tragico e per dover fare da messaggera ad Orfeo straziato dal dolore.
Orfeo decide di andare a riprendere il suo amore negli inferi portando con sé soltanto la sua lira per accompagnare il canto che dovrà aprirgli le porte del freddo luogo e aiutarlo a convincere Plutone e Proserpina a restituirgli Euridice. Ecco che la Musica è ancora il personaggio principale dell’opera con il compito di vivere insieme al protagonista le emozioni, le aspettative ed anche il dolore.
Il suo canto è amore, è fiducia, è forza, e la lira, la sua fedele compagna di viaggio.
Orfeo riuscirà a riprendere Euridice ma non a mantenere il patto che lo obbliga a non voltarsi indietro per guardarla, quindi Euridice viene risucchiata dalle forze oscure fra pianto e disperazione. Ma ancora la musica è dalla sua parte. Orfeo canta il suo dolore e la Eco, figura pietosa, ripete i suoi lamentosi canti, finché Apollo, impietosito, porta con sé il figlio cantore in cielo, dove potrà continuare a sognare Euridice nella ritrovata pace.
La rappresentazione ha un successo forse superiore alle aspettative e ancora oggi ha la forza di richiamare numeroso pubblico sia in Italia che in altri Paesi.
Ed ecco l’importanza dell’incontro con Monteverdi oggi. E non solo per gli addetti ai lavori, ma per tutti coloro che temono di accogliere le emozioni e di viverle nel più profondo dell’anima. Lo spettatore che si accinge ad ascoltare musica monteverdiana non può esimersi dalla partecipazione emotiva anche se indesiderata. La musica sa quale via deve percorrere per arrivare!
Finalmente, dopo anni di attesa, e importanti e apprezzate pubblicazioni e rappresentazioni dentro e al di fuori del palazzo ducale di Mantova, arriva la nomina a “ Maestro di cappella” della Serenissima Repubblica di Venezia. Un posto molto ambito e di grande prestigio; un incarico che gli consente di avere collaboratori da lui scelti quali Alessandro Grandi, Alessandro Negri, Giovanni Rovetta, e di essere affrancato dal servizio liturgico-musicale quotidiano, tranne nelle occasioni di feste, solennità religiose e occasioni ufficiali nella vita della Repubblica.

Il Punto chiave

Questo nuovo incarico, oltre al riconoscimento dei suoi meriti, gli dà la possibilità di dedicarsi con serenità alla scrittura della musica sacra e alla composizione teatrale con le due opere rimaste uniche del periodo veneziano: “Il ritorno di Ulisse in patria” e “L’incoronazione di Poppea”. Opere in cui le rispettive trame risentono di vaghe allusioni alla società del tempo e in cui la musica e il canto sono ormai un tutt’uno con il testo letterario e con il compito, non solo di esprimere ma anche di rendere emotivamente raggiungibile il messaggio che si vuole palesare. Poco dopo la rappresentazione dell’Incoronazione di Poppea, nel 1643 Monteverdi lascia questo mondo, ma la sua essenza di musicista rimane nei secoli come un dono.
Anche l’uomo che è stato, il suo coraggio, la sua pervicacia costituiscono un punto di riferimento. Rimasto vedovo ancora giovane e padre di tre figli, Monteverdi dovette affrontare non poche difficoltà per sbarcare il lunario.  Significativi a questo proposito due stralci tratti da una lettera inviata ad Annibale Chieppo, segretario del duca di Mantova, in risposta alla richiesta da parte del duca di tornare a Mantova.

Citazioni citabili

 

“…se mi ha fatto favore in farmi avere occasioni tante e tante di essere adimandato da S.A.S. mi ha anco fatto questo danno, che il Sig Duca sempre m’ha parlato per faticarmi, et non mai per portarmi qualche allegrezza d’utile…”

e ancora: “l’anno passato a Mantova per le fatiche delle nozze mi promise dico quello che V.S. Ill.ma può vedere in questa sua che l’invio, et poi alla fine nulla è stato e se pure ho ahuto, ho ahuto mille et cinquecento versi da mettere in musica…”.

…aggiungo…

L’opera musicale di Monteverdi segna il principio dell’espressione lirica moderna. Seguendola più da vicino […] si vedrà come il musicista va sempre liberandosi dall’arido schematismo declamatorio dei fiorentini per affermare la sua complessa personalità che non si stanca, non esaurisce le forze e dal secolo, da l’ambiente in cui vive in immediata corrispondenza, trae sempre nuovo alimento. Da Orfeo a L’incoronazione di Poppea è tutto un cammino ascensionale in questo senso. (Guido Pannain)

Ora confrontiamo alcuni aspetti: di ieri, di oggi, di sempre…..

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50 commenti

  1. “Preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile che molto per quello comune” credo che da questa sua frase si capisca molto del genio di Monteverdi. Monteverdi nasce nel 1567 quindi nasce a cavallo del cambio tra era antica ed era moderna, vive quindi in un contesto dove musicalmente, ci sono dei cambiamenti e delle lotte. Fin da subito lui si sente rivoluzionario e molto in avanti con la sua musica, infatti anticipa molti tratti che saranno caratteristiche del barocco, viene definito appunto pre-barocco. Vive nel cambio da sistema modale, che è caratterizzato dalla tecnica contrappuntistica, a sistema tonale, caratterizzato dalla monodia accompagnata. Cambiamento che agli occhi di una persona comune che sa poco o niente di musica può sembrare poco rilevante, ma il passaggio tra questi due sistemi è molto importante. Si passa da un tecnica nata come corale che arrivava fino a 40 voci non esaltando la parola, a una tecnica che è detta anche operistica, caratterizzata da un’unica melodia cantata accompagnata da strumenti, questa tecnica esalta molto la parola. Oltre al cambio di attenzione alla parola, cambia anche il cambio dell’attenzione sugli strumenti musicali, nell’era antica gli strumenti musicali non erano importanti e potevano anche essere assenti o, se c’erano, seguivano la linea vocale; nell’era moderna invece gli strumenti musicali sono più studiati, nelle fattezze dello strumento e nelle loro famiglie, nell’esecuzione sono autonomi, non seguono quindi la linea vocale ma ognuno esegue la propria linea musicale. Un’altra differenza tra sistema modale e sistema tonale è nella logica della musicalità, nell’era antica si cercava di dare un consequenzialità agli accordi nella maniera più morbida possibile, mentre nell’era moderna, si cercava di dare una ricchezza melodica, non guardando la consequenzialità degli accordi, infatti una delle caratteristiche di questo pensiero è che il tutto è costituito dalla tensione. Se si guarda un spartito dell’era antica si può vedere una ricchezza verticale ma una monotonia melodica, se si guarda uno spartito dell’era moderna invece ci si può accorgere del contrario, ricchezza melodica e povertà verticale. Monteverdi è un mix di tutto questo, è caratterizzato dalla “ficta musicae”, la falsa musica, una musica non del tutto modale ma neanche del tutto tonale.

    • Birolini Dylan

      Monteverdi ha dimostrato di avere una forte personalità poichè, sul piano personale è riuscito a gestire la situazione del celibato, la moglie morì 8 anni dopo il matrimonio, con tre figli da gestire, mentre nel lato musicale ha portato novità rispetto all’epoca in cui era, sancendo il cambiamento radicale tra l’epoca rinascimentale e quella barocca (1500-1600), tra il periodo antico della musica modale e quello moderno della musica tonale. E proprio tra uno stile e l’altro, a metà diciamo, si ha quella che viene definita “Ficta Musicae”, ovvero falsa musica, quindi un po’ e un po’ dello stile moderno e antico. Le sue tecniche di composizione, come l’uso innovativo del basso continuo, cioè la ripetizione melodico-ritmica di una determinata sequenza di note nel basso, il “Recitar Cantando” ovvero la musica serva della parola e anche lo stile concitato che prevede una grande attenzione al ribattuto, furono molto criticate, soprattutto da Artusi, ma a lui non importava e affermava che preferiva essere mediocre nello stile moderno che essere un grande della vecchia scuola.
      “Alla corte dei Gonzaga avviene la prima rappresentazione della Favola in musica “L’Orfeo” nel 1607, su libretto di A. Striggio. Qui Monteverdi esprime tutto il suo talento musicale stravolgendo le ferree regole compositive”. Esattamente come cita nel blog, Monteverdi stravolge le regole musicali imposte (ved punto 1). Rispetto alla presentazione da parte di Peri alla Camerata de Bardi, ove l’azione drammatica veniva dispersa, nell’ Orfeo di Monteverdi si ha un”importanza dei personaggi nettamente maggiore nonostante siano talvolta meno presenti. Si parla anche di “Affecti Musicae” cioè il massimo di affettività nel momento. Nella prima si pensò ad una scenografia per un ambiente ristretto per una cerchia di persone, mentre nella seconda, a Mantova, si fece un lavoro diverso riguardo agli spazi perchè si trovava in un luogo più aperto e disponibile alla visione di più persone.
      Cose interessanti sono emerse sul Vespro, visto oggi in classe tra l’altro. Caratterizzato da molti stili compositivi diversi, composto sopra canti fermi e pubblicato insieme ad una dedica adulatoria a Paolo V. Un chiaro esempio di propaganda per farsi notare dal Papa stesso, infatti Monteverdi utilizza tantissime diverse varietà di composizioni per cercare di fare colpo e denunciando inoltre lo stato economico-sociale in cui viveva a Mantova. Il vespro è una delle poche composizioni sacre che ha scritto, infatti si è dedicato principalmente a quelle profane. Le principali composizioni sacre sono sei e sono suddivisibili nelle tre città in cui ha vissuto. A Cremona “Sacre Cantique” e “Madrigali Spirituali”. Dal nome del secondo si deduce che non ci sia una percezione della differenza tra stili (madrigale e motetto) da parte dell’autore. A Mantova scrive “Vespro Beata Vergine” e “Messa a Cappella a Sei Voci”. Infine a Venezia “Selva Morale et Spirituale” e “Messa a 4 voci et Salmi”.

  2. Come si dice nell’articolo, Claudio Monteverdi lo possiamo considerare un artista che ha portato grande innovazione nel campo della musica. Possiamo dire infatti che egli segnò il passaggio dalla musica rinascimentale alla musica barocca cercando di allontanarsi da quelle regole rigide che caratterizzavano la musica in quel periodo. Proprio per questo motivo, a parer mio, bisogna anche apprezzare Monteverdi poiché è stato in grado di reggere tutte le critiche che gli sono arrivate ed è stato in grado di continuare a coltivare il proprio stile. Una citazione che mi ha colpito particolarmente a riguardo è: “preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile piuttosto che essere molto apprezzato per lo stile comune”. In questa citazione si riassume la maggior parte delle caratteristiche di Monteverdi, il quale cercò a tutti i costi di cambiare l’ambito musicale, mossa molto coraggiosa da parte del compositore

    • La figura più critica nei confronti di Monteverdi è sicuramente quella di Giovanni Maria Artusi, compositore e teorico musicale bolognese. L’Artusi, grande conservatore per quanto riguarda l’ambito musicale, effettua degli attacchi nei confronti del rivoluzionario Monteverdi, in particolare con la pubblicazione del suo libro “Imperfettioni della Moderna Musica” (1600). Le critiche saranno poi affrontate in modo diretto dal fratello del celebre compositore, Giulio Cesare Monteverdi, il quale scrive una prefazione nel madrigale “Zefiro torna e di soavi accenti”. In suddetta prefazione Giulio Cesare motiva le scelte e il senso di uno stile che va in una direzione innovativa e ben precisa (scelte dell’organico, spazializzazione, fusione di contrappunto e monodia accompagnata, indipendenza e dignità degli strumenti), indica come eseguire ed interpretare la seconda practica monteverdiana (improvvisazione, partiture aperte) sottolineando la qualità del lavoro del fratello al di là della tradizione, che tra l’altro Monteverdi conosce e padroneggia alla perfezione (difatti, per poter trasgredire una regola è necessario conoscerla e saperla applicare nel modo corretto).
      Propongo ora un possibile spunto di riflessione: come mai l’Artusi, per quanto compositore e teorico musicale competente e preparato, è passato alla storia più per le sue critiche a Monteverdi che non per le sue qualità artistiche?
      Personalmente ritengo che il progresso e l’innovazione siano di fondamentale importanza per l’uomo, in quanto lo portano ad evolversi e migliorare. Coloro che non si limitano a ripetere ciò che hanno tramandato i loro predecessori, bensì propongono innovazioni, donano un valore aggiunto alla società (oltre a dimostrare intelligenza e sagacia), mentre chi rimane ancorato alle tradizioni in modo troppo ferreo risulta limitato da esse, diventandone schiavo.

      • Condivido pienamente le affermazioni di Anna in quanto Gianmaria Artusi, pur essendo uno stimato compositore e teorico bolognese, non riusciva a cogliere le innovazioni e i progressi avanzati in ambito musicale, essendo lui un grande conservatore. Le dispute più importanti del secolo che lo coinvolsero, riguardano Vincenzo Galilei, padre di Galileo Galilei che aveva mosso delle critiche riguardanti determinate teorie contrappuntistiche di Zarlino e Claudio Monteverdi per le sue geniali innovazioni in campo musicale. Successivamente alle pesanti accuse mosse da Artusi, Giulio Cesare, fratello di Monteverdi, per intercessione del fratello risponde nella prefazione alla stampa del quinto libro di madrigali monteverdiani con le seguenti parole:
        “Non vi maravigliate ch’io dia alle stampe questi ma¬drigali senza ri¬spondere alle oppo¬sitioni che fece l’Artusi contro al¬cune minime par¬celle d’essi […], ho non¬dimeno scritta la ri¬sposta per far cono¬scere ch’io non fac¬cio le mie cose a caso, e tosto che sia rescritta, uscirà in luce portando in fronte il nome di Se¬conda Prac¬tica[…], del che forse alcuni s’ammireranno non credendo che vi sia al¬tra pratica che l’insegnata da Zar¬lino.”
        Monteverdi imparò il mestiere di musicista a Cremona grazie al maestro Marc’Antonio Ingegneri che era specializzato principalmente nello stilus anticus, da cui poi Monteverdi si scosterà pian piano. Nonostante le critiche dell’Artrusi, Monteverdi aveva dimostrato più volte di posseder le tecniche antiche alla perfezione proprio grazie alla sua formazione cremonese e pur mantenendo le conoscenze pregresse acquisite, fa un passo avanti e le supera con grandissima abilità. Dimostra così di avere ottime competenze riguardanti il sistema modale e di averle acquisite a tal punto da potere sviluppare innovazioni tecniche, strumentali che segnino il passaggio dal modale al tonale. Dal punto di vista strumentale si raggiungerà una grande indipendenza dalla melodia vocale, vi sarà una particolare attenzione sull’intonazione e alle fattezze estetiche dello strumento stesso, cosa mai accaduta fino ad ora. Monteverdi modificherà anche la disposizione dell’organico a seconda dell’ambiente per generare una spazializzazione sonora e testuale.
        “Ciò che è bello alla vista, non può non esser bello anche per l’orecchio” _cit.
        Con Monteverdi, diventerà di fondamentale importanza anche il legame tra parola e musica; la poetica viene musicata e l’alternanza tra endecasillabi e settenari renderà una grandissima musicalità. Ogni verso singolarmente è importante e viene esplicato maggiormente dalla musica. Mai si era trovato un testo che potesse soddisfare le idee musicali e che arrivasse ad ottenere una coesistenza tra i due mondi. Questo connubio tra parola e musica verrà ripreso poi da Gluck e da Wagner (tecniche barocche già introdotte da Monteverdi che testimoniano la sua anticipazione dei secoli successivi). Per quanto riguarda la fioritura melodica ci troviamo nel campo della musica ficta, quindi né tonale né modale. Il connubio tra il contrappunto e i movimenti cadenzati delle voci rende parità di importanza.
        La ritmica sembra apparentemente semplice ma in realtà è caratterizzata da una straordinaria complessità incrementata dai repentini cambi metrici, dalla poliritmia e dalla ricca fioritura vocale caratterizzata da numerose cadenze adattate, le cosiddette clausole. Le composizioni sono caratterizzate da povertà armonica; Monteverdi utilizza gli stessi accordi ma lo stile concitato ci restituisce una percezione armonica differente, le armonie sono le stesse ma lavorando sul ribattuto creano effetti diversi. La povertà armonica genera dunque una ricchezza melodica.
        Gli aspetti innovativi di Monteverdi si possono riassumere quindi in:
        Indipendenza strumentale;
        Duttilità della parola = recitar cantando;
        Armonie essenziali = stile concitato;
        Repentini cambi metrici.

  3. Nella vita di Claudio Monteverdi sono state 3 le città che hanno caratterizzato la sua vita. La prima è stata Cremona, città dove si forma e dove impara le tecniche compositive; la seconda è Mantova dove lavora presso la corte dei Gonzaga e infine Venezia. Vorrei concentrarmi maggiormente sul periodo Mantovano durante il quale scrisse tre libri di madrigali: il terzo, il quarto e il quinto. Come enuncia l’articolo la corte apprezzò subito il lavoro svolto da Monteverdi poiché fu in grado di lasciare un modello di vero e proprio compositore. Nel periodo mantovano scrisse moltissimi madrigali, composizioni molto importanti che ci fanno capire l’evoluzione del compositore. I madrigali erano delle composizioni polifoniche profane che caratterizzarono il 500 e il 600. Già da queste composizioni possiamo notare qualcosa di veramente innovativo dal punto di vista musicale: Monteverdi si concentra molto sul concetto di pittura musicale, o più comunemente detto motivo-parola, in cui ogni verso, già significativo di per sé, viene arricchito con la musica, cosa totalmente nuova. In riferimento a ciò possiamo nominare anche l’utilizzo della famosa prima practica monteverdiana, caratterizzata dall’utilizzo principale della tecnica contrappuntistica, ovvero lo stile antico di Gioseffo Zarlino e Palestrina. Nella prima practica le voci e gli strumenti sono in rapporto con il testo.

  4. L’Orfeo si può considerare la prima opera in musica. Possiamo subito notare un’innovazione in quest’opera ovvero il recitar cantando in cui si unisce la voce con la musica, cosa che piaceva molto al pubblico, il quale veniva coinvolto da una ventata emotiva pazzesca. In realtà ci furono due rappresentazione dell’Orfeo: la prima fu la rappresentazione dell’Orfeo della camerata de’ Bardi firmata da Peri, autore di buona parte delle musiche e la seconda fu la vera e propria rappresentazione dell’Orfeo di Monteverdi.
    Innanzitutto si presuppone che Monteverdi non fosse presente alla prima rappresentazione, c’era Gonzaga il quale in un secondo momento spiegò a Claudio Monteverdi tutte le caratteristiche di ciò che aveva visto.
    Da quanto gli aveva raccontato Gonzaga, Monteverdi capì che c’era un lato positivo e un lato negativo dell’opera. Il primo era che c’era grande spettacolo, il secondo era che mancava la continuità in grado di mantenere alto l’interesse. Nella rappresentazione a Mantova del 1607 inserì tutti gli elementi mancanti che, secondo lui, erano in grado di rafforzare maggiormente l’opera.
    Inoltre Monteverdi aveva pensato alla rappresentazione dell’Orfeo in due posti differenti: in un ambiente piccolo utilizzando perciò una certa orchestrazione e a Mantova, utilizzando perciò un organico più massiccio e sfruttando uno spazio maggiore.
    quest’opera la possiamo considerare come un vero e proprio melodramma, un inizio verso la realizzazione di altre opere

  5. Un altro aspetto che rende Monteverdi unico e innovativo è il fatto che in una stessa composizione unisca sia il sacro che il profano come avviene nella “Selva morale et spirituale” tratta dal Magnificat II. E’ una raccolta di possibilità vocali in cui erano presenti sia la prima practica (contrappunto) sia la seconda practica (monodia accompagnata).
    I testi sacri erano in latino mentre quelli profani erano tratti da liriche di poeti famosi.

    • Trovo che sia interessante sottolineare come Monteverdi sia stato estremamente innovativo (nel Vespro della Beata Vergine prima e nella Selva Morale et Spirituale poi) nel fondere i mondi sacro e profano. La questione è che, fino a Monteverdi, la sfera musicale sacra e quella profana sono sempre state scisse e ben definite; difatti, la Chiesa è sempre stata estremamente rigida rispetto alle regole compositive ed esecutive (per quanto concerne il rispetto delle forme compositive tipiche della musica sacra, l’esecuzione dei cantori che per lungo tempo rimasero solo uomini, ma anche per la diffidenza nell’introdurre all’interno delle composizioni gli strumenti, soprattutto se a fiato, in quanto visti come troppo vicini al mondo profano). Nella Selva Morale et Spirituale questo rigore non è presente; anzi, tra le altre forme compositive è presente quella dei madrigali spirituali (la forma del madrigale era considerata come esclusivamente profana, in contrapposizione con il mottetto sacro). Possiamo dunque vedere come Monteverdi differenzi il contenuto sacro da quello profano e come tuttavia questo non gli impedisca di trattare allo stesso modo sotto il profilo tecnico le opere appartenenti a questi due mondi.
      Monteverdi sosteneva infatti che il profano è sì mondano, ma anche morale (da qui il titolo), e perciò sia positivo affiancare questo mondo a quello della spiritualità.
      Come sottolinea Matteo, nella Selva Morale et Spirituale notiamo che nei vari brani vengono impiegate sia la tecnica del contrappunto che della monodia accompagnata, all’interno di composizioni che spaziano per complessità e lunghezza e si accordano per i “palati” di diversi fruitori, soddisfando quindi diversi gusti. Difatti troviamo composizioni che vanno da messe intere formate da mottetti a parti specifiche della messa come brani in varie forme, e ancora da contrappunti di grande spessore e complessità melodica a brani monodici armonicamente ricchi (che si avvicinano allo stile dell’Opera).

      • Mi trovo nuovamente d’accordo con le osservazioni di Anna.
        Personalmente la cosa che mi ha maggiormente colpita per quanto riguarda le composizioni monteverdiane in ambito sacro è il legame e la continua corrispondenza con il profano poiché ricordiamo che nelle epoche precedenti, profano e sacro erano due ambiti completamente scinti. Il testo sacro è trattato alla stregua di quello profano e con Monteverdi i tratti distintivi dei due ambiti non saranno mai netti. Una delle più grandi opere spirituali di Monteverdi sarà la “Selva Morale et Spirituale” che si ispira a Girolamo Frescobaldi, organista italiano di musica strumentale, con i suoi “Fiori musicali”, una raccolta di brani per l’organo completamente strumentali. Fiori musicali implica una raccolta di brani per tutti i livelli e gusti personali di brani ispirati alla liturgia con organo.
        La Selva morale et spirituale è la raccolta di tutte le composizioni sacre e sarà l’ultima che Monteverdi compirà nel periodo veneziano. Già nella sua fase adolescenziale Monteverdi ci fa comprendere la sua apertura nel genere sacro, le sue produzioni sacre infatti non le chiamerà mottetti.
        Il “Vespro della Beata Vergine” è il simbolo del malcontento di Monteverdi poiché venne costretto ad abbandonare Mantova per motivi economici; nella premessa dell’opera ripudia la non considerazione artistica e la condizione economica di Mantova. Sappiamo che Monteverdi, nel periodo mantovano, sarà legato da un rapporto di profonda amicizia con Vincenzo Gonzaga, che lo ospiterà a corte e gli permetterà di crescere molto culturalmente essendo al fianco di numerosi artisti e letterati del tempo. Quando Vincenzo Gonzaga morirà, salirà al trono il nipote che è un guerrafondaio che voleva investire tutti i suoi possedimenti nell’arte bellica, quindi non più interessato al finanziamento artistico; Monteverdi si vede così costretto ad andarsene per mantenere i figli. Con questa produzione sacra, Monteverdi punta a farsi pubblicità per poter ambire ad una carica più importante. Il “Vespro della Beata Vergine” è una composizione che compatta numerosi salmi, liriche e messe concentrati con molta articolazione; è un insieme di composizioni numerose e complesse perciò secondo gli studiosi è difficile pensare sia una composizione unitaria, è più accreditata la teoria per la quale fosse una realizzazione dedita a mostrare la sua grandissima abilità di composizione. Di lì a breve verrà chiamato a Venezia e quindi riuscirà nel suo intento. L’introduzione del Vespro alla Beata Vergine riprende pari pari la struttura armonica e ritmica dell’introduzione dell’Orfeo (prima opera di Monteverdi su libretto di Alessandro Striggio), con l’aggiunta del testo sacro. Già da quest’introduzione si può comprendere come l’ambito sacro fosse strettamente legato alla morale profana e viceversa. All’ascolto si possono percepire tutti gli aspetti innovativi della musica di Monteverdi: nella prima parte si percepisce lo stile monodico e contrappuntistico dato dall’inseguirsi delle voci (doppi cori battenti); repentini cambi ti tempo, complessità ritmica. Quando c’è il contrappunto c’è sempre lo stesso accordo che crea una povertà armonica compensata dalla grande fioritura melodica. In conclusione possiamo affermare, come sostiene Anna che “Possiamo vedere come Monteverdi differenzi il contenuto sacro da quello profano e come tuttavia questo non gli impedisca di trattare allo stesso modo sotto il profilo tecnico le opere appartenenti a questi due mondi.”

  6. Incontrare Monteverdi oggi, significa conoscere un vero e proprio rivoluzionario della sua disciplina. Monteverdi nasce nel 1567 e muore nel 1643, perciò vive a cavallo tra i due secoli ‘500-‘600 e, come ci insegna la storia, tutte le innovazioni importanti avvengono a cavallo di secoli. Quando Monteverdi diventa un esperto del sistema modale, l’unico in vigore e l’unico degno di essere in quegli anni, decide di ampliare la sua arte e avviarsi così verso un periodo nuovo, moderno che stravolgerà l’arte della musica come mai a nessun’arte era successo prima. Monteverdi introduce nelle sue opere il sistema tonale fatto di dominante, tonica, giri armonici ma soprattutto costruito sulla tensione che mantiene vivo l’interesse e regala momenti molto alti nelle composizioni. In questa caratteristica, centro della vita lavorativa monteverdiana, leggiamo l’elemento distintivo per eccellenza della musica di oggi: Monteverdi ci regala un sistema di cui, le composizioni immediatamente posteriori a lui, ma soprattutto quelle di oggi vivono. Ciò da cui dobbiamo prendere spunto noi è, come dice Beatrice Gargano, avere fiducia nel proprio talento e capacità al di là delle critiche; infatti Monteverdi continuerà imperterrito nella sua impresa di modernizzazione dello stile musicale. Con le sue opere Monteverdi si rivolge a tutti noi: il suo stile, il modo in cui rende la musica serva delle parole attraverso la monodia accompagnata ricavata smantellando il contrapputo e creando un’unica linea melodica per il canto, lampante sistema tonale. Come dice l’articolo: “Monteverdi vuole condurre in parallelo parole e musica per dare piena libertà all’espressività emotiva.” Nell’Orfeo, 1607, la musica è il personaggio che introduce l’argomento, ad esempio quando la messaggera annuncia che la serpe ha avvelenato Euridice l’organico esegue il tetracordo del lamento per esprimere lo struggimento di quel momento; ma questo è uno di mille altri esempi. Dunque l’importante parallelismo che c’è tra Monteverdi, la sua epoca, e i giorni nostri è proprio il modo di vivere le emozioni nel profondo dell’anima, ascoltando le opere monteverdiane è inevitabile sentirsi coinvolti emotivamente grazie alle sue innovazioni indispensabili.

  7. Monteverdi per tutta la sua esistenza scrisse madrigali, una composizione polifonica profana vocale, con regolarità maniacale. Scrisse otto libri di madrigali, i primi due sono legati a Cremona, il terzo il quarto e il quinto a Mantova e gli ultimi tre a Venezia. il madrigale rinascimentale, è diverso da quello medievale, è più raffinato ed elegante. Il testo è l’elemento principale e la musica è serva delle parole, dà un certo trionfo alla poetica italiana grazie alla musicalità ritmica di testi poetici italiani. La parola madrigalismo significa che ogni frase già a suo modo significativa viene ulteriormente amplificata con il ritmo, il timbro a l’armonia che gli viene assegnata. Un esempio può essere “ecco mormorar l’onde” di Torquato Tasso che Monteverdi propone in musica nel secondo libro. E’ a cinque parti, si può trovare il madrigalismo sulle frasi “mormorar l’onde” dove il mormorare viene creato con un moto di grado congiunto ascendente, e “alti monti indora” dove è creato con salti di ottava. I madrigali dei primi due libri sono ancora principalmente vocali, mentre nei libri del periodo mantovano iniziano a esserci strumenti musicali. I madrigali del periodo mantovano sono caratterizzati del fatto che dalla seconda metà del madrigale in avanti la tessitura è sempre su fa-la-do chiamate corde di recita, mentre il finale dilata su tutto il tetracordo. Quindi armonicamente è sempre statico ma melodicamente c’è molto movimento e varietà. Lo stile è sempre quello antico, stilus anticus, che si riferisce alla tecnica ereditata da Giovanni Pierluigi di Sante da palestrina e Gioseffo Zarlino; ma la presenza del si mobile, che sta nel sib che poi diventa si naturale, ribadisce ancora il fatto dell’essere rivoluzionario di Monteverdi, anche se ancora all’inizio del suo sviluppo tecnico

  8. Di Masi Alessando

    Ricerca e progresso caratterizzano la musica di Monteverdi, spesso profondamente criticata (ricordiamo Artusi che criticò il suo stile progressista). La sua dote viene subito accolta sia dal padre che dalla madre che affidano la sua prima formazione ad Antonio Ingenieri, maestro di cappella nella cattedrale di Cremona. Sin da subito la sua fama lo precede; nel corso di tutta la sua vita scrive madrigali, composizioni polifoniche che sfruttano un testo molto ricercato (molte opere poetiche), nei quali avveniva un matrimonio MUSICA-PAROLA che trattava il più delle volte temi laici utilizzando endecasillabi e settenari ad esprimere la poetica Italiana. Nella scrittura assidua dei madrigali notiamo in maniera precisa l’evoluzione della sua scrittura: Partendo dal primo libro distinguiamo la “PRIMA PRACTICA MONTEVERDIANA” ossia l’applicazione delle tecniche apprese da Zarlino e Palestrina caratterizzate da un impiego contrappuntistico, modale e antico; in netta contrapposizione la “SECONDA PRACTICA MONTEVERDIANA” che incoraggia invece una scrittura più libera, con delle tessiture armoniche e melodiche più dinamiche, tonale e moderna. Nel 1590 si sposta a Mantova dove rimane sino al 1613, ambiente adatto al discorso musicale, lavorando presso la corte dei Gonzaga come violista, cantore e compositore. Alla corte dei Gonzaga avviene la prima rappresentazione de “L’Orfeo” nel 1607 dove viene sottolineata la sua bravura: Sfruttamento della spazialità (gestita differentemente in base allo spazio, organico e talvolta da cambiamenti nella composizione); AFFETTIMUSICAE ossia l’attenzione a come piegare la parola al suo significato, estrapolando in maniera chiara la bellezza delle parole. In quest’opera innovativa riusciamo ad intravedere uno stile pre-Barocco sottolineato dalla scrittura stessa e dalla scelta dell’organico, archi a contrasto con gli ottoni. Dopo anni di attesa, Monteverdi, viene finalmente nominato “Maestro di Cappella” della serenissima repubblica di Venezia, ambiente nel quale si dedicò anche alla scrittura sacra. Muore a Venezia nel 1643 lasciandoci un enorme patrimonio musicale che contribuirà in maniera molto sostanziosa alla nascita del Barocco.

  9. Di Masi Alessandro

    A testimonianza della sua scrittura innovativa voglio citare due delle sue opere più importanti:
    TANCREDI E CLORINDA, madrigale amoroso, composto nel periodo Veneziano (nel quale scrive i suoi ultimi tre libri di madrigali), appartenente all’ VIII libro, con testo di Torquato Tasso. Narra del combattimento fra Tancredi e Clorinda, crociati contro infedeli, i quali rimangono reciprocamente colpiti l’uno dall’altra. Tancredi si innamora follemente della bellissima Clorinda mentre Clorinda è ammaliata dal coraggio e dal valore di Tancredi. In uno scontro il crociato Tancredi uccide colei che si rivelerà, una volta tolto l’elmo, la sua amata. Troviamo un accompagnamento strumentale indipendente dalle voci; emerge un Recitar Cantando molto duttile dove insorgono in maniera sfalsata le parti vocali e strumentali; continui cambi ritmici (apparentemente molto semplici ma in realtà ben più complessi); armonie povere; questo per dare equilibrio e mantenere alto l’interesse. Troviamo inoltre lo “Stile Concitato” ossia il continuo ribattere dell’accordo (accordi fermi con parvenza di movimento che portano ad una percezione armonica molto diversa); consapevolezza dei personaggi, descritti e commentati in partenza.
    SELVA MORALE ET SPITITUALE dalla quale viene estrapolato il MAGNIFICAT II; la domanda che sorge spontanea è, il sacro è realmente differente dal profano? Dal punto di vista del contenuto ovviamente sì, ma dal punto di vista musicale è strettamente collegato e caratterizzato da elementi della musica profana. L’innovazione si ha perché sino a Monteverdi la musica sacra e profana erano caratterizzate da tratti molto differenti e marcati. La composizione di quest’opera sacra prende spunto dalla raccolta di brani liturgici per organo chiamata “Fiori Musicali” di Frescobaldi, brani di ogni livello, per ogni momento della messa senza distinzione tra il mondo sacro e profano (giustificata appunto dal nome). UNA COMPOSIZIONE PUO’ ESSERE SIA SACRA (SPIRITUALE) CHE PROFANA (MORALE). Fu una delle ultime opere scritte da Monteverdi in una Venezia del ‘600 ricca di problemi economici che si riflettono anche sulla musica; LA VENEZIA MONTEVERDIANA ERA IN FASE DI DECLINO. Caratterizzato da: Testo in Latino del Magnificat, annulla la divisione di genere, utilizza la tecnica del contrappunto e sono molto precisi i Motivo-Parola dei madrigali. Accompagnamento strumentale dettato dagli archi e la ritmica ternaria scritta in 4/4 nella semplicità, intricata.

  10. Grazie a Monteveredi,oggi non avremo testimonianza di un genio in musica che è riuscito ad unire musica profana con il madrigale è la scrittura sacra. Claudio Monteverdi ha apportato un cambiamento radicale nel,a musica moderna e del suo tempo, passanti tra due epoche,il rinascimento e il barocco

  11. Monteverdi oltre ad unire sacro e profano in musica,ha musicato numerose opere letterarie,come l’Orfeo e Tanvredi e Clorinda,tardo dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso.
    Claudio Monteverdi è studiato e apprezzato ancora oggi dopo 450 anni dalla sua morte.
    Il periodo più importante nella vita e nelle composizione di Monteverdi è il periodo che passò a Mantova,presso la conte dei Gonzaga.
    Qui comincio il suo percorso nel musicare operare letterarie

  12. Federico Gotti

    Dalla citazione di Beatrice Gargano si emerge che Monteverdi grazie alle sue opere musicali alla sua creatività e al continuo studio della musica ha rivoluzionato il modo di fare musica.
    Il periodo di Monteverdi non fu un periodo alquanto facile perchè la musica all’epoca era basata su regole ferree che l’artista voleva abbandonare creando un genere innovativo, passando dal periodo antico basato sul sistema modale che utilizzava la tecnica del contrappunto fino ad arrivare ad un genere moderno che si baserà sul sistema tonale con il quale avrà origine l’opera passando dalla monodia accompagnata.
    Le principali innovazioni che Monteverdi compie sono:
    Affetti musicae: usare la musica per trasmettere emozioni
    Spazializzazione: Comporre l’opera in base al contesto utilizzando un determinato organico strumentale
    Aggiunta di brevi improvvisazioni (svasature)
    Recitar cantando: un modo che unisce la voce cantata alla recitazione
    Il fattore che colpisce di più e che è presente anche nella citazione di Beatrice Gargano è quello di saper unire musica alle emozioni.
    Nel contesto odierno tutti questi aspetti li possiamo trovare in molte canzoni di musica leggera attraverso:
    il testo: con cui trasmetto un messaggio
    Il solo: dove ognuno mette in gioco la creatività e improvvisa
    La spazializzazione: oggi invece viene sostituita, per la maggior parte, dalla tecnologia perchè si possono registrare i propri brani in uno studio di registrazione e presentarli al pubblico.
    Il recitar cantando: oggi viene sostituito da frammenti in cui vi è una parte del testo che viene parlato anziché cantato

  13. Federico Gotti

    Quando Monteverdi arriva a Venezia come maestro di cappella si dedica perlopiù alla musica sacra; qui morirà nel 1643
    Nella sua vita, oltre alle grandi abilità musicali, si percepisce il suo forte temperamento. quello di un musicista che ha sempre lottato per far valere le sue idee e nonostante le difficoltà non si è arreso.
    Credo che Monteverdi aveva le idee molto chiare e che nonostante le svariate polemiche dei suoi contemporanei ha compiuto i suoi progetti e ha lasciato una grande raccolta di opere e allo stesso tempo di innovazioni, e inoltre credo che dal ‘500 fino ad oggi la musica è stata in continua evoluzione e che ad ogni periodo corrisponderà un artista principale che caratterizzerà quel periodo.
    Io trovo molti aspetti comuni in Monteverdi, nel senso che: ho scelto di studiare musica grazie alla mia passione ma anche all’appoggio dei miei genitori mi hanno sempre sostenuto, nonostante le mie difficoltà suono il pianoforte, e grazie all’aiuto del mio professore e alla mia ostinazione ora riesco a suonare la marimba usando le quattro bacchette.
    Io penso che nella vita non bisogna darsi per vinti altrimenti non si potranno far valere le proprie idee e la tua vita non avrà senso se non hai qualcosa per cui lottare, tutti abbiamo qualcosa che ci spinge a dare un senso alla nostra storia altrimenti che vita sarebbe? Se Monteverdi non fosse stato un musicista e non avesse portato a termine i suoi studi ora non lo conoscemmo, invece a distanza di 450 anni si studia ancora per ricordarlo e tramandarlo alle generazioni future!

  14. Gabriele Falchetti

    Monteverdi, nato nel 1567 e morto nel 1643, fu uno dei massimi esponenti della musica rinascimentale e diede una svolta nel modo di concepire la musica rompendo gli schemi fino ad allora intoccabili. A causa di cio’, molti furono i compositori che lo criticarono, tra i quali l’Artusi, il quale pubblicò polemica contro le sue tendenze progressiste.
    Fu infatti Monteverdi a contribuire ad il complesso passaggio tra periodo antico, caratterizzato dal sistema modale, e periodo moderno, caratterizzato dal sistema tonale.
    Durante questo progressione verso il periodo moderno ci fu pero’ un momento di passaggio, cosiddetto “Ficta Musica”, nel quale tratti del periodo antico rimasero insieme a tratti dell’era moderna.
    Un vero e proprio miscuglio tra i due periodo, ed e’ qui che troviamo il vero Monteverdi, nella cosiddetta terra di mezzo.

  15. Come scritto nell’articolo Mantova è stata una città importante per Monteverdi in quanto lui arrivò alla corte di Vincenzo Gonzaga in giovane età e strinse con lui un rapporto di profonda stima e amicizia che lo portarono a non voler mai abbandonare la città.
    Purtroppo alla morte di Vincenzo successe il nipote, un guerrafondaio a cui non interessava della musica e della cultura e di conseguenza non avrebbe pagato Monteverdi, il quale fu quindi costretto ad abbandonare Mantova e a trovare posto come maestro di cappella a Venezia.
    In quel periodo (1610) scrisse il Vespro della Beata Vergine in cui possiamo ritrovare il malcontento del compositore legato al fatto che dovette lasciare la città a cui era tanto legato.
    Questo Vespro è un esempio di propaganda elettorale che Monteverdi utilizzò per farsi notare e ambire a cariche che lo portassero lontano da Mantova.
    La composizione non passò inosservata poiché era veramente lunga e complicata anche solo per essere eseguita in una sola volta, era, infatti, un insieme di molteplici tipologie di composizioni quali per esempio arie e contrappunti.
    Fu pensata per un organico formidabile, possedeva una ritmica complessa con continui cambi di tempo, quando era presente una ricchezza armonica si aveva povertà melodica e viceversa utilizzando così sia il contrappunto che lo stile monodico, diede senso e profondità al testo creando un connubio tra parola e musica ed è presente una botta e risposta tra le voci e i vari strumenti.
    L’introduzione di questo vespro ha una somiglianza incredibile con l’introduzione di un’altra sua composizione, ovvero l’ Orfeo.
    La cosa più straordinaria è che utilizza per un’ora e mezza di composizione soltanto sei canti fermi per sei voci e sei strumenti.
    A Venezia realizzò altre composizioni ma fu l’ultimo luogo dove realizzò opere.
    Monteverdi iniziò a comporre prima di arrivare a Mantova, infatti inizialmente si trovava a Cremona dove nacque e imparò il mestiere di musicista da Marcantonio Ingegneri e dove scrisse il 1° e il 2° libro di madrigali, dove possiamo già ritrovare una grande capacità compositiva.
    A Mantova realizzò il 3°, 4° e il 5°, mentre a venezia realizzò gli ultimi 3, per un totale di 8 libri di madrigali.
    Un madrigale, che lui scrisse con regolarità quasi maniacale, è una composizione polifonica profana dove troviamo un trionfo della poetica italiana, soprattutto in settenari e endecasillabi, poiché la musica venne da lui utilizzata per dare importanza alle parole e al testo indifferentemente dal fatto che fosse sacro o profano, utilizzando il motivo parola e la pittura musicale.
    Con il motivo parola la potenza di ogni frase viene amplificata dalle caratteristiche della musica, mentre con la pittura musicale venivano utilizzate le note nere per un maggiore movimento ma anche per una ricerca estetica.

  16. Gabriele Falchetti

    Ho trovato notevolmente interessante la parte del blog dove racconta che Monteverdi non aveva due genitori musicisti, e nonostante ciò loro non si tirarono indietro dal supportarlo in questo suo percorso, anche se diverso dalle inclinazioni lavorative familiari. Infatti il padre era un medico ma insieme alla moglie, Maddalena Zignani, aiuto’ il figlio nel desiderio di avvicinarsi allo studio della musica ancora molto giovane e poi a lasciarlo nelle mani del grande musicista Marco Antonio Ingegneri, maestro di cappella nella cattedrale di Cremona.
    Il suo innato talento e il suo grande ingegno musicale gli permisero dai quindici anni in poi di veder pubblicate le sue raccolte di madrigali e canzonette mentre a venti anni venne pubblicato il primo dei sei libri di madrigali e fu da quel momento che la sua fama aumento’ notevolmente.
    Sempre riguardante la sua vita, possiamo aggiungere che furono tre le principali citta’ ritenute fondamentali per il percorso musicale monteverdiano; tali citta’ furono Cremona, dove nasce e si formera’ come detto in precedenza da Marco Antonio Ingegneri, Mantova, circa dal 1590 al 1613, dove lavorera’ presso la corte dei Gonzaga ed ultima, ma non per importanza, Venezia

  17. Gabriele Falchetti

    Sempre riguardante il concetto di musicale di Claudio Monteverdi e’ fondamentale dire uno dei suoi principi fondamentali(a carattere musicale): “La musica deve essere serva e non padrona delle parole”, infatti era il testo che secondo lui aveva una leggera maggiore importanza.
    Fu per tale motivo che Monteverdi creo il madrigale, ovvero una composizione melodica profana, caratterizzata da una polifonia vocale e con talvolta un accompagnamento strumentale di sottofondo. Questo era il modo migliore per musicare un testo, per un cosiddetto “trionfo della poetica” e per una nascita di una musicalita’ ritmica.
    I libri di madrigali che ci lascio’ sono otto; i primi due libri erano legati alla citta’ di Cremona, il terzo,quarto e quinto legati a Mantova mentre gli ultimi a Venezia.

  18. Nell’ultima citazione viene detto che quello di Monteverdi “è tutto un cammino ascensoriale” proprio perché lui riesce a portare molte innovazioni nel modo di comporre.
    I momenti determinanti della musica sono sempre a cavallo tra i secoli: 600-700 (Bach) e 700-800 (Beethoven), ma quello di Monteverdi (500-600) credo che sia il momento più significativo poiché anticipa tutto ciò che verrà dopo vivendo in un’epoca di pre-barocco.
    Nel periodo antico veniva utilizzato il sistema modale mentre nel periodo moderno è utilizzato il sistema tonale.
    Monteverdi, essendo a cavallo tra i due sistemi, assiste ad un momento di passaggio dove la musica viene chiamata ficta musica, ovvero finta/falsa, durante il quale vengono utilizzate le tecniche antiche insieme ad un sistema tonale non ancora del tutto chiaro.
    “Preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile piuttosto che molto per quello comune” C.M.
    Inizialmente infatti, Monteverdi venne criticato molto ma piano piano si passò dal sistema modale a quello tonale utilizzando la monodia accompagnata che consiste in un accompagnamento strumentale di una voce con testo, così da non rischiare di far sprofondare la parola.
    Iniziò, quindi, un dialogo tra voci e strumenti, ai quali Monteverdi iniziò a rivolgere maggiore attenzione creando composizioni diverse dalla voce che accompagnavano ma con cui continuavano a trovarsi e dialogare.

    • Concordo con Roberta e ciò che dice Matteo nei commenti sopra riportati e aggiungo che dobbiamo moltissimo a Monteverdi in ambito musicale… grazie allo studio biografico dell’artista e alle osservazioni dell’innovazione e il progresso musicale da lui indotti, mi sono sorte delle domande che mi hanno portata a pensare a come si sarebbe evoluta la storia della musica senza una persona come Monteverdi che nonostante tutte le difficolta postegli sul cammino, è andato avanti seguendo le sue idee, il suo gusto e piacere di fare musica. Come hanno riportato numerosi commenti, Monteverdi segnerà un cambio radicale per la musica di questo periodo; sappiamo che non vi è mai stata un’evoluzione così forte come quella in ambito musicale. Pensare che tutto ciò che ha preceduto Monteverdi musicalmente verrà annullato e si ripartirà da zero è sbalorditivo… Monteverdi si trova al centro di tutte queste situazioni uniche che capiteranno esclusivamente in ambito musicale in modo così potente da generare una rivoluzione totale.

      Monteverdi riuscirà a conciliare gli aspetti della musica modale, che si basava sulla consequenzialità accordale in modo da incastrare gli accordi tra di loro nella maniera più semplice, e la musica tonale che si basava principalmente sul concetto di tensione, tutto viene unito dalla tensione che tiene vivo l’interesse come osserva Adele. La dimensione tonale serviva inoltre ad alternare la forza, la tensione ed il riposo; si genera così una dimensione verticale accordale. Ricordiamo che Monteverdi vive a cavallo tra il ‘500 e il ‘600, il rinascimento musicale e l’inizio dell’età moderna. Proprio il passaggio intermezzo dei due periodi coinvolge la sua produzione musicale; è il periodo che viene nominato “ficta musicae” (falsa musica): il sistema modale non era ancora stato superato e il sistema tonale non ancora inizializzato. In parallelo, a Firenze, la Camerata de’ Bardi cercando di far rivivere lo stile classico greco, porterà erroneamente alla nascita del genere operistico, genere per cui Monteverdi si esporrà molto poiché fin da subito ne coglierà tutte le potenzialità. Ci troviamo dunque in un contesto culturale e sociale di fermento e cambiamento, vi è una mescolanza di accadimenti che generano una ricchezza produttiva nel periodo della ficta musica, la terra fertile. Ho ritrovato interessante anche la polisemia del termine “musica ficta” che era un termine che veniva utilizzato anche nella teoria musicale europea per descrivere le altezze annotate o aggiunte nel momento dell’esecuzione e quindi venivano definite “ficta”, false poiché non corrispondevano con la scrittura effettiva del pentagramma ma corrispondeva alle esigenze esecutive dell’artista. Infatti l’epoca monteverdiana ci pone delle scelte grazie alle partiture aperte che garantivano la libertà di improvvisazione con i fiati (diminuzione) e con gli archi (svasamento) = con Monteverdi gli strumenti divengono solisti ed autonomi.

      Come Roberta sostiene e cita dalla lettura del blog soprastante, “quello di Monteverdi è tutto un cammino ascensoriale” poiché partendo da uno studio più “scolarizzato” con Ingegneri e più “classico”, ovvero che assecondava la musica antica di quel periodo, passa ad un’innovazione musicale che anticipa i secoli successivi grazie al suo ingegno e la sua passione per la musica, la voglia di far comprendere le proprie emozioni attraverso la realizzazione musicale. Parlando di questo mi viene da esplicare una frase che è stata citata da molti nei commenti: “Preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile che molto per quello comune”. Con questa frase riusciamo a comprendere a pieno la persona che è Monteverdi, crede fortemente nelle sue potenzialità e le sostiene fino alla fine e questa cosa è un bene grandissimo perché se si fosse arreso la storia della musica oggi ma anche nei secoli precedenti sarebbe stata ben diversa. Monteverdi preferisce ottenere dei riscontri per la sua nuova practica, preferisce distinguersi dalla massa ed essere elogiato per il suo progresso innovativo, per la sua introduzione di novità mai sperimentate prima d’ora.

    • Menassi Tiziano

      Sono d’accordo perché la ficta musica è tanto proprio il passaggio di mezzo che ha coinvolto a pieno Monteverdi. Monteverdi ha unito sempre di più il sacro con il profano, lo dimostra una sua composizione sacra, scritta a Venezia “la selva morale et spirituale” che può essere scambiato per un madrigale se non si fa attenzione che è sempre caratterizzata da un recitar cantando e da una strumentazione leggera.

  19. Angelo Galluzzo

    Monteverdi, un innovatore che ha deciso di stravolgere il contesto musicale dell’epoca per ricrearne uno del tutto nuovo e distinguendosi dai compositori dell’epoca.
    Egli decide di immettere un solco nella storia della musica contemporanea, come detto da Beatrice gargano, e adesso vedremo anche il perchè lo abbia fatto e in che modo.
    partiamo col dire che Monteverdi irrompe gli schemi musicali dell’epoca e si dedica a questo mondo già all’età di 15 anni quando viene affidato al Marcantonio Ingegneri: colui che gli insegna a muovere i primi passi.
    Impara, così, a muoversi secondo la prima practica monteverdiana e quindi del contrappunto, con la quale comporrà 8 libri madrigalistici appartenenti al periodo di Cremona e di Mantova; composizioni profane.
    Questo ci ricollega alla tematica del monteverdi di oggi, per cui il suo stilus antiqus o contrappunto utilizzava armonie povere, ma in uso ancora tutt’oggi tramite la creazione di tritoni e dissonanze semplicemente creative e di uso comune nella nostra musica.
    Lo notiamo in un suo madrigale intitolato ”Zephiro torna il bel tempo rimena” scritta dal Petrarca e armonizzata da Monteverdi.
    Successivamente, però, Monteverdi venne criticato fortemente dall’Artusi per le sue dissonanze non preparate e non solo; allora vi era il bisogno di seguire le regole passo per passo.
    Solo un po’dopo inizia ad accostare i suoi madrigali al testo creando così il conosciuto motivo-parola di cui si parla tanto nelle sue composizioni e che caratterizzò la prima practica monteverdiana.
    Egli fu in grado di accostare perfettamente questo fattore ai suoi madrigali tanto da metterlo in scena in alcune delle sue composizioni con successo.

  20. La piena maturità monteverdiana si ritrova nei libri di madrigali risalenti al periodo veneziano (dunque i libri di madrigali VI, VII e VIII). In particolare andremo a considerare l’ ultimo libro di madrigali da lui pubblicato, l’ottavo (ne verrà infatti pubblicato un nono in seguito alla sua morte), che reca il titolo “Madrigali guerrieri et amorosi”. Possiamo notare che oramai i periodi di sperimentazioni sono definitivamente terminati; assistiamo infatti a una totale fusione di madrigale e Opera, i quali non si distinguono più l’uno dall’altro. Prendiamo in analisi un madrigale costruito su un passo della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso: Tancredi e Clorinda. Si tratta di un madrigale rappresentativo della grandezza del genio monteverdiano, in quanto qui troviamo tutte le sue innovazioni: l’affetti musicae, con l’attenzione del motivo-parola e dunque l’enfatizzazione del testo tramite la musica; l’indipendenza degli strumenti dalle voci (grazie anche a Monteverdi gli strumenti assumono dignità e importanza); il recitar cantando, ormai estremamente versatile e duttile (dalla recitazione della melodia al parlato vero e proprio); la grande consapevolezza e la relativa caratterizzazione dei personaggi, i quali assumono tridimensionalità (il trionfo iniziale del cristiano Tancredi e il suo successivo dramma nello scoprire la vera identità del suo nemico, ovvero la donna che egli ama, e la redenzione della musulmana Clorinda, la quale in punto di morte chiederà il battesimo); lo stile concitato, le cui armonie ribattute generano movimento e modificano la percezione armonica (impiegato per simulare il trotto dei cavalli); la fusione di contrappunto e monodia accompagnata, ormai sapientemente alternati e sfruttati, creando un’essenzialità orizzontale mescolata con quella verticale; la ricchezza metrica e i continui cambi di tempo (alternanza binario-ternario); l’orchestrazione, che fa leva sul dialogo tra le famiglie di strumenti; l’impego dello spazio per la disposizione dell’organico (spazializzazione).
    Questo madrigale in particolare non presenta armonie estremamente complesse, bensì ben equilibrate per far emergere il testo, le voci e il dramma della scena (affetti musicae); ciò permette a Monteverdi di non risultare troppo invadente con gli strumenti e al tempo stesso di mantenere vivo l’interesse tramite il grande pathos che si va a creare in questa maniera.
    Trovo che il genio di Monteverdi risieda nel suo grande equilibrio nelle scelte compositive, in quanto nonostante le importantissime innovazioni che egli porta in campo musicale non risulta mai fuori posto all’ascolto. Ciò credo sia dovuto alla grande attenzione che Monteverdi ha sempre riservato per il testo; se la musica si adatta e viene plasmata in base al senso e alle esigenze delle parole, essa quasi certamente non risulterà sbagliata, né tantomeno inadatta.

  21. Angelo Galluzzo

    Monteverdi si differenzia per la sua musicalità, di fatti post periodo cremonese si sposta a Mantova dove stette per un po’ di anni sotto la corte dei Gonzaga, in particolare Vincenzo Gonzaga.
    Egli poté stare a contatto con grandissimi letterati e musicisti che aiutarono lo sviluppo della sua carriera sia in ambito compositivo sia in ambito strumentale, da ricordare che Monteverdi inizialmente fu assunto come violista a corte.
    Solo dopo egli volle aspirare a posizioni un po’ più alte per ricevere un guadagno più esauriente.
    in particolare una delle composizioni più affascinanti del periodo mantovano è la vicenda tra Tancredi e Clorinda, musicata interamente da Monteverdi e appartenente all’ottavo libro dei madrigali.
    Sì, perché in questo caso l’opera non conosce differenza dal madrigale.
    In breve, la vicenda parla dello scontro tra Tancredi e l’amata Clorinda, la quale solo dopo Tancredi, in punto di morte, conoscerà l’identità.
    Ancora una volta notiamo le grandi innovazioni di Monteverdi, sul testo del Tasso.
    precisamente alcune forme stilistiche come lo stile concitato, cui Monteverdi ci impasta le mani già da prima, di fatti solo dopo lavoreranno su di esso altri compositori concentrandosi sul ribattuto.
    Il recitar cantando diviene un aspetto sempre più fondamentale e creativo delle opere monteverdiane.
    I cambi caratteriali dell’accompagnamento musicale in sé, infine l’armonizzazione: di una povertà unica, ma allo stesso tempo di uno splendore assoluto, lo abbiamo visto pure nel Vespro.

  22. Gandolfi Francesco

    Tra il 1613-14, Monteverdi verrà assunto presso la corte dei Gonzaga a Mantova. Il ruolo che ricopriva all’interno della corte era quello di musicista di viola, di cantore e di compositore. Rimase molto legato a questa città e alla famiglia in quanto amico di Vincenzo Gonzaga, tanto che, alla sua morte e quindi alla successione al trono del nipote, con grande dispiacere lasciò il suo incarico a corte. Durante questo periodo ebbe modo di cimentarsi in composizioni polifoniche, pubblicando il 3-4-5 libro dei madrigali. Essi venivano scritti in endecasillabi o settenari, prediligendo quelli a 5 voci rispetto a quelli da 4 o 3 voci. Nel periodo mantovano, Monteverdi sviluppa il suo stile che verrà perfezionato poi nel corso della sua permanenza a Venezia.
    Le opere di Monteverdi, a mio parere, sono considerabili di una bellezza indescrivibile dal punto di vista artistico. Purtroppo, le nuove generazioni tendono a non considerare quanto questo musicista sia stato rivoluzionario nella storia della musica, trascurando le sue composizioni. Spero che, con il passare degli anni, le sue opere non vengano dimenticate e mantengano il loro valore, sia artistico che emotivo, che le ha sempre contraddistinte all’interno del panorama musicale.
    Infatti, come disse Monteverdi:” lo scopo di tutta la buona musica è toccare l’anima”.

  23. Gandolfi Francesco

    Monteverdi, spostatosi a Cremona, crea la sua prima pratica che consiste nel comporre con lo “Stilus Antico”. Esso si basa principalmente sulle composizioni contrappuntistiche, che si occupano della linea orizzontale, ovvero quella melodica. La seconda pratica, invece, si fonda sulle composizioni armonistiche, che lavorano sulla linea verticale.
    Monteverdi risulta rivoluzionario anche nel modo di comporre la musica sacra, che differenzia da quella profana solamente dalla lingua latina. Prima di lui, infatti, la musica sacra era considerata più importante e presentava caratteristiche compositive completamente distinte.
    Un esempio é il “Magnifficat II”, un testo sacro che, se non fosse per il testo in latino, lo si potrebbe confondere con un madrigale.
    Le opere profane rappresentano, però, la maggioranza delle sue composizioni; in particolare una delle più famose è “Il combattimento di Tancredi e Clorinda”, collocata nell’8 madrigale, ossia il “Madrigali guerrieri et amorosi”. L’opera racconta del combattimento tra Tancredi e Clorinda, i due protagonisti di un passo della “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso. I due personaggi, un soprano e un tenore, lottano in uno scontro di carattere religioso, per cui Clorinda é la rappresentante mussulmana mentre Tancredi é un vassallo cristiano. Il duello é accompagnato dalla voce di un narratore (un tenore), che ha lo scopo di presentare i fatti all’ascoltatore. Il combattimento termina con la vittoria di Tancredi su Clorinda che, trafitta mortalmente, gli chiede di essere battezzata. Di sottofondo alla vicenda é presente la storia d’amore tra i due protagonisti; infatti, quando Tancredi scopre, togliendo l’armatura al suo nemico, di aver ucciso la sua amata, tenta il suicidio.
    La musica composta da Monteverdi racconta il duello con uno stile concitato, basato su armonie quasi statiche, che permette di mettere in movimento l’accordo e mantenerlo in quello stato. Nella composizione sono anche presenti dei cambi di tempo, per dare l’idea più marcata ad esempio di un cavallo in corsa.
    Pur non avendo mai avuta la possibilità di suonare un’opera di Monteverdi, credo le sue opere siano considerabili attuali ancora oggi. Egli infatti ha dato il via ad alcune tecniche compositive attuali, come ad esempio l’opera lirica.

  24. Pietro Bertoncello

    Io, come la quasi totalità di ragazzi della mia età, non avevo mai ascoltato nulla di Monteverdi e, conoscendolo solo tramite qualche spiegazione riguardo all'”Orfeo” e alla nascita del melodramma, ero erroneamente convinto che la produzione monteverdiana fosse qualcosa di vecchio e noioso, una piccola parentesi prima della parte veramente interessante della storia della musica. Devo dire però che, una volta superati i pregiudizi infondati che avevo, ne sono rimasto piacevolmente sorpreso, quasi stupefatto da elementi che mai avrei immaginato di trovare in Monteverdi. Per esempio, sono rimasto completamente spiazzato dal finale di “Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena”, la versione con testo di Petrarca. La cadenza conclusiva (V-I) è raggiunta tramite una serie di dissonanze costituite da un susseguirsi di accordi diminuiti, in certi casi anche con settima, la cui fondamentale funge da sensibile per l’accordo successivo, su cui la dissonanza va a risolvere. Tutta questa modulazione non stonerebbe affatto in composizioni del novecento, e questo non fa che confermare ulteriormente il fatto che Monteverdi sia stato senza dubbio un grandissimo precursore dei tempi successivi. Tornando a parlare invece della celebre nascita del melodramma, con l'”Orfeo” non solo Monteverdi vuole creare uno spettacolo innovativo e coinvolgente, destinato ad avere un enorme successo, ma desidera da parte dello spettatore una totale immersione nella rappresentazione stessa, in qualsiasi luogo essa abbia luogo. Nasce così il concetto di spazialità del suono, oggi reso possibile con estrema facilità dalle nuove tecnologie, ma che per l’epoca era a dir poco rivoluzionario. Il fatto che questa sorta di Dolby atmos seicentesco non sia stato più riproposto, che io sappia, nei secoli successivi dimostra ancora una volta quanto Monteverdi sia stato incompreso, quanto la sua identità musicale non sia mai appartenuta all’epoca durante la quale è vissuto.

    • Menassi Tiziano

      Confermo con Bertoncello che anche io consideravo Monteverdi un qualcosa di vecchio, ma mi sono ricreduto in quanto sentendo delle sue composizioni le ho scambiate per qualcosa di molto recente. ed è vero la cadenza V,I tramite dissonanze è qualcosa di pazzesco. Questa sua maestria musicale sostengo che che l’abbia sviluppata anche per un continuo lavoro e sviluppo nel tempo, come per esempio a Venezia alla fine della sua carriera dove ha vissuto una grande competizione nei teatri e dove si è messo alla prova.

  25. Claudio Monteverdi era troppo innovativo per il suo tempo. In un epoca in cui la musica era concepita secondo un’organizzazione orizzontale, Monteverdi è riuscito a padroneggiare così bene lo stilus anticus modale, figlio di grandi come Zarlino e Palestrina, da andare oltre fino allo stile tonale, anticipando senza saperlo quello che sarà lo stile prebarocco e moderno. Monteverdi era considerato un giovane prodigio e avrebbe potuto tranquillamente fare carriera con canzoni profane, mottetti o madrigali contrappuntistici tradizionali, invece si è impantanato nella “fictamusicae”, una terra di mezzo tra ciò che era e ciò che a breve sarebbe stato, inimicandosi critici e sopravvivendo a stento con una paga esigua, dimostrando come per lui la musica così tante potenzialità e compiti da non doversi accontentare di “semplici” armonie consequenziali e consonanti. L’evoluzione di Monteverdi va di pari passo con quella della musica, accompagnandola dallo stile “medievale” all’esplosione di ciò che sarà il barocco. Credo che questi cambiamenti siano evidenti soprattutto nei suoi madrigali, che produce costantemente fino alla morte. I primi due libri sono legati al periodo di Cremona, influenzato dagli insegnamenti di Ingenieri, e presentano caratteristiche puramente didattiche, con organizzazione orizzontale che si articola in un contrappunto in cinque parti. Del secondo libro fa parte il madrigale “Ecco mormorar l’onde”, suggestiva musicazione di un testo di Torquato Tasso in cui si capisce cosa Monteverdi intendesse quando diceva che “la musica è serva della parola”, in cui emerge il motivo parola (la musica si piega per amplificare il senso del testo). In questo madrigale, come negli altri dei primi due libri, è espressa la Prima Prattica Monteverdiana, tecnica ereditata da Zarlino e Palestrina che fa ricorso ai canoni classici. L’armonia è povera e statica ma la melodia è florida e dinamica e, grazie anche al ritmo complesso, non annoia mai, siamo distanti anni luce dalle chanson profane.
    Per essere ancora più chiari, quale miglior metro di paragone tra prima e seconda prattica monteverdiana dello “Zefiro”? Monteverdi a distanza di pochi anni musica due versioni del mito. Il primo, Zefiro torna e il bel tempo rientra, testo di Petrarca, trova la sua collocazione nel secondo libro di madrigali ed è sviluppato come un madrigale a 5 voci secondo lo stile antico contrappuntistico con una spolverata di modernità tonale (la parte finale che parla di morte e disperazione è resa da tritoni e dissonanze non preparate, assolutamente impensabili per l’epoca). Il secondo, Zefiro e i soavi accenti su testo di Ruccini (che nonostante titolo e stile letterario diverso tratta i medesimi argomenti) è tratto dagli scherzi musicali, libro che risale al secondo periodo, quello mantovano, e che riporta una prefazione di Giulio Cesare Monteverdi che risponde alle critiche mosse dall’Artusi contro il fratello per le innovazioni stilistiche, ed è espressione della seconda prattica monteverdiana. Il testo è musicato da una monodia a due voci accompagnata, che origina un duetto su basso di ciaccona che si avvicina molto alle arie d’opera. Questa composizione è manifesto di importanti innovazioni come la diminuzione, tecnica improvvisativa degli strumenti a fiato, lo svasamento, improvvisazione degli archi, un ritmo estremamente complesso del basso, il tetracordo del lamento e la partitura aperta, che permette libertà strumentali e varie spazialità.
    Monteverdi è stato il ponte di passaggio dalla polifonia rinascimentale alle composizioni tonali barocche grazie al suo coraggio e al suo genio compositivo che non si è accontentato del presente ma ha voluto contribuire al futuro. Nonostante i critici dell’epoca e le difficoltà economiche non si è mai perso d’animo, facendo così un grande regalo a tutti noi.

  26. Nonostante sia cronologicamente distante 455 anni da noi, Monteverdi è di una modernità straordinaria. Leggendo il passo dell’articolo in cui si dice che dalle sue lettere si evince l’ansia di raggiungere una posizione a corte che conferisse il dovuto riconoscimento economico e sociale al suo ingegno di musicista, non ho potuto fare a meno di pensare che questo è un problema che ancora si pongono i musicisti al giorno d’oggi. Chi ha avuto la fortuna o sfortuna di entrare in questo ambiente magico, si sarà sicuramente imbattuto in affermazioni del tipo “i musicisti non contano più”, “con la musica non ci campi” e “la musica non è un vero lavoro, dovresti studiare qualcosa di utile”. Monteverdi si lamentava di essere sottopagato e di essere annoverato nell’elenco della servitù nel sedicesimo secolo ma oggi, nel ventunesimo secolo, la situazione è cambiata soltanto per peggiorare. I musicisti odierni devono prendere ispirazione dalla tenacia e dalla passione di Monteverdi che nonostante i seri disagi economici (aveva anche una famiglia da mantenere) e i pregiudizi e le critiche più e meno velate, non ha mai voltato le spalle alla musica, rispettandola e amandola sempre e contribuendo a farla progredire perché preservasse quel poco di bello che nel mondo c’è e rendesse felice con la sua bellezza anche chi nel suo potenziale non ha mai creduto.

  27. Benedetta Chigioni

    “Così me ne sono innamorata” citazione ripresa dalle parole qui sopra scelte della musica Beatrice Gargano per descrivere ciò che Monteverdi è riuscito a trasmettere nonostante sia vissuto 450 anni fa. Questo è l’effetto che fa anche su di me, una qualunque ragazza che studia musica, specialmente dopo aver ascoltato “il combattimento di Tancredi e Clorinda”. È un madrigale che riprende le vicende narrate nel canto XII canto della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso dove vediamo appunto Tancredi (cavaliere Cristiano), innamorato di Clorinda (guerriera musulmana) che viene costretto dalla sorte a battersi in duello con la sua amata. Solo alla fine del combattimento, quando lei in punto di morte chiede al cavaliere di battezzarla, la riconosce togliendole l’elmo. In preda al panico lui avrà poi dei pensieri suicidi ma non è di questo che voglio parlarvi oggi.
    In questa opera Monteverdi sperimenta soluzioni musicali nuove, come l’orchestra che imita musicalmente alcuni effetti sonori. Si ha per la prima volt l’utilizzo del tremolo e del pizzicato per ottenere effetti speciali nelle scene più drammatiche. La cosa che più mi colpisce di una composizione di questo livello è l’utilizzo di armonie povere. Ebbene sì, Monteverdi nell’ottavo libro di madrigali, anche chiamati “madrigali guerrieri et amorosi”, utilizza lo stile concitato, da lui sviluppato, che sta nel utilizzare le stesse armonie ribattendo però note rapidamente per simboleggiare l’agitazione o la rabbia. In più tiene anche in considerazione lo spazio, la recitazione, i soggetti: si avvale quindi anche del recitar cantando.
    Ritengo quindi che Monteverdi sia un vero e proprio genio dato che è riuscito a combinare perfettamente tutte queste tecniche non perdendo però il vero senso del testo.
    Consiglierei assolutamente dunque l’ascolto de “il combattimento di Tancredi e Clorinda” a chiunque volesse conoscere da certi punto di vista Torquato Tasso e la sua letteratura, ma anche ascoltare buona musica di un compositore di 450 anni fa ma che ritengo comunque del presente.

  28. Come viene citato nell’articolo Monteverdi è un musicista rivoluzionario, ci ha regalato sistemi che ci portiamo dietro tutt’oggi. Nelle sue opere è sempre stato presente sia il sistema modale, stilus antico e il sistema tonale, nuovo e insorto stile che dava inizio alla musica moderna. Monteverdi non fu mai interamente tonale nelle sue composizioni perché il passaggio tra i due sistemi era complicato e per niente scontato. Questo passaggio veniva chiamato “Ficta Musica”, in latino falsa musica, perché c’era chi ancora era legato allo stile antico chi era aperto alla modernità. Claudio Monteverdi costituiva la terra di mezzo, il compromesso tra i due sistemi, egli stesso diceva: “preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile piuttosto che molto per quello comune”. Prima ma anche nel ‘600 si componeva attraverso il contrappunto diventando così sofisticato che non si percepiva più il testo. Secondo Monteverdi “La musica deve essere serva delle parole” perciò realizza la monodia accompagnata, unica linea melodica per il canto accompagnata da un organico strumentale. A proposito di strumenti con Monteverdi trovano la loro importanza e la loro centralità la letteratura strumentale. Esistevano già nell’antichità ma è grazie a lui se hanno linee melodiche diverse da quelle della voce e vengono favoriti strumenti che stanno bene insieme o uno contro l’altro. Gli strumenti sono eleganti perché “Ciò che è bello per l’occhio non può non essere bello anche per l’orecchio”. Analizzando il Magnificat osserviamo che gli strumenti si smarcano dalle voci, evidenti contrasti pre barocchi come il concertino, la dinamica è ottenuta per aggregazione, c’è una non indifferente abiltà nel concentrare l’attenzione orizzontalmente e un chiaro avvio alla tecnica della Sub intellecta, rierca di chiari-scuri. Citando un’altra opera monteverdiana in cui possiamo sottolineare il progresso è il “Lamento di Arianna” dove il contrappunto è puramente strumentale, l’impostazione molto classica in cinque parti di cui due sono tenori e la parte di Arianna. Possiamo sottolineare di quest’opera l’impegno degli strumenti che hanno infatti intenzioni diverse: fanno cose diverse ma si ritrovano, qui l’insieme strumentale è molto libero e a se stante. Per quanto riguarda la capacità di Monteverdi di trasmettere le emozioni attraverso tecniche musicali possiamo citare le due poesie di Petrarca e Rinuccini sulla primavera che ha musicato nei “Soavi Accenti” degli scherzi musicali contenuti nel sesto libro di madrigali. Due terzi della poesia sono dedicati alla descrizione della primavera, il risveglio che riguarda tutti ma per i poeti è una cosa fastidiosa dato che stanno affrontando la perdita della loro amata; versi particolari musicati attraverso dissonanze non preparate e tritoni sia melodici che armonici rendendo lo struggimento dei versi; ancora nella lirica di Rinuccini utilizza il tetracordo del lamento, la partiture sono aperte: essenziale per Monteverdi, impiega gli strumenti in un’ampia introduzione e poi per tutto il brano insieme alle voci. Anche la ritmica nelle varie composizioni monteverdiane non è da sottovalutare: sembra semplice ma non lo è, c’è un continuo cambio di ritmica per favorire nuovi accenti e variazioni. L’opera che è doveroso citare quando parliamo di Monteverdi è l’Orfeo; realizzata prima da Peri della camerata de Bardi il mecenate Vincenzo Gonzaga assiste alla rappresentazione di quest’ultimo e rimanendo particolarmente colpito ne parla a Monteverdi, lui a sua volte coglie due aspetti di quest’opera, uno positivo ovvero l’idea di fatto rivoluzionaria dell’opera che pur essendo tratta dalla tragedia greca era nuova in sé per il recitar cantando. L’aspetto negativo dell’Orfeo però era la mancanza di continuità dunque grazie al concetto di affetti musice, già presente nella seconda practica montverdiana ma ora grazie ai mezzi dell’opera ancora più chiaro: alterna momenti di solo recitar cantando a momenti solo strumentali e a momenti con entrambi. Dell’Orfeo Monteverdi coglie anche il concetto di spazializzazione come d’altronde farà per il “Vespro della Beata Vergine”; compone a seconda degli spazi a disposizione, piccoli e grandi. Grazie a questi numerosi elementi possiamo notare come Monteverdi fosse effettivamente prebarocco. Parlando di una caratteristica prettamente musicale, armonica dell’Orfeo citiamo come utilizzi il tetracordo del lamento, già citato per la poesia di Rinuccini, quando la messaggera dà il doloroso messaggio della morte di Euridice.
    Voglio parlare ancora di una composizione contenuta nell’ultimo libro di madrigali, l’ottavo, “Madrigali guerrieri et amorosi”, qui Monteverdi sottolinea la sua più completa maturazione. Tra i brani musica Tancredi e Clorinda della “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso. Vediamo come ormai i madrigali non si distinguono quasi più dall’opera, è di fatto costruita su un testo ma tiene in considerazione la recitazione; la strumentalizzazione è indipendente dalle voci, il recitar cantando sopracitato è incredibile a volte è molto pulito e a volte è molto pulita la melodia, anche qui come di fatto in tutte le sue opere possiamo rimanere stupiti dalla consapevolezza metrica. L’armonia è povera, essenziale ma in equilibrio per tenere alto l’interesse infatti tecnicamente riconosciamo lo stile concitato: le armonie sono le stesse ma ribattute effetto che dà senso di movimento, per esempio il trotto dei cavalli posto sugli stessi accordi, stile presente anche negli altri libri ma qui è di un livello altissimo.

  29. Valentina Maggi

    Personalmente ammiro Monteverdi per la sua passione e perseveranza nei confronti della musica, non si è mai arreso di fronte alle difficoltà che ha vissuto, economiche ed emotive, emotive perché perse la moglie e dovette crescere tre figli da solo ma anche per le continue critiche che altri compositori gli arrecavano molto pesantemente, economiche perché non sempre veniva pagato in modo giusto o addirittura non veniva considerato.
    Grazie a Monteverdi si inizia ad avere il passaggio fra sistema mondale e sistema tonale, in questo passaggio gli strumenti prendono un significato proprio, non che non ce l’avessero prima, ma con Monteverdi la melodia della voce è diversa da quella degli strumenti che avranno dunque una melodia propria, gli strumenti quindi diventano autonomi, un esempio, tratto dal sesto libro di madrigali, è il lamento di Arianna ”lasciatemi morire”, il testo tratto sa una poesia, qui lo strumento non raddoppia più la voce ma dialoga con lei.

  30. Valentina Maggi

    Monteverdi è noto anche per il saper musicare le poesie di molti letterati italiani tra cui Torquato Tasso, un esempio è Tancredi e Clorinda, prodotto nel periodo in cui lui soggiornava a Mantova, è tratto dall’ottavo libro, questo madrigale tratta di Tancredi, guerriero cristiano, innamorato di Clorinda, una regina etiope, entrambi guerrieri e nemici combattono l’uno contro l’altro, era notte e Tancredi non riconosce la donna di cui è innamorato e perciò combattono fino all’ultimo sangue, quando inizia a farsi mattino, Tancredi sconfigge Clorinda pugnalandola al cuore lei chiede il battesimo e Tancredi glielo dà, ma quando le toglie l’elmo vede che ha ucciso la donna di cui lui era innamorato, Monteverdi (come nell’Orfeo ed Euridice) ha saputo piegare la parola per tirare fuori il massimo dell’affettività del momento, questo si nota quando nell’Orfeo ed Euridice prima si festeggia per il matrimonio che avverrà ma poi quando arriva la messaggera che dà la notizia della morte di Euridice, in Tancredi e Clorinda si sente soprattutto nel momento in cui Tancredi toglie l’elmo a Clorinda. Con Monteverdi nasce il recitar cantando in cui la voce recita il testo

  31. Manuel Branchi

    La caratteristica forse più fondamentale della musica di Claudio Monteverdi, che infatti è considerata musica pre barocca, è l’ innovazione che ha portato con essa. Infatti il vero Monteverdi lo abbiamo visto durante la ficta musicae, ovvero il momento di passaggio dalla la musica antica, che utilizzava il sistema modale, a quella moderna, che usava invece il sistema modale, dal contrappunto alla monodia.
    Come dice l’articolo veniva molto criticato per questo suo senso di innovazione, in particolare l’Artusi, Monteverdi rispondeva però alle critiche dicendo, “Preferirei essere poco elogiato per il nuovo stile che molto per quello comune”, che descrive perfettamente il suo comportamento in ambito musicale e la proiezione in avanti della sua musica.

  32. Manuel Branchi

    Molto importante per Monteverdi fu ovviamente la città di Cremona, a cui dedicherà due libri di madrigali, dove il compositore nacque e si formò, presso appunto Marcantonio Ingegneri, che gli insegnò lo stile antico. Fu affidato a lui dal padre che, appunto perché era medico, avrebbe voluto fargli seguire le sue stesse orme, ma fu molto propenso a fargli scegliere la sua strada.
    Dopo Cremona visse un periodo a Mantova, lavorando presso i Gonzaga, in particolare da Vincenzo I che gli fece da mecenate, dove incontrò sua moglie e, soprattutto, dove scrisse l’Orfeo, il primo melodramma, la sua opera probabilmente più innovativa, dove erano gli strumenti ad affiancare la voce, che secondo lui aveva più rilevanza.
    Alla prima rappresentazione dello spettacolo Monteverdi non era presente, lo era invece Vincenzo I che raccontò la sua esperienza a teatro al compositore.

  33. Menassi Tiziano

    Per mio parere, il percorso di Monteverdi non è stato molto facile, perché discende da una famiglia distaccata dalla cultura musicale; ma è grazie anche al loro sostegno che è riuscito ad continuare e portare avanti la sua passione.
    Monteverdi è stato sempre considerato distaccato dalla sua epoca (fine 500 metà 600) in quanto era moderna, ma lui era proiettato nel futuro in quanto possiamo riconoscerlo già come pre barocco. Monteverdi ha fatto da collante per il periodo antico (contrappuntistico, quindi sistema tonale) e per quello moderno (modale con la dominate tonica etc..).
    Nella maggior parte delle sue opere, ha portato attenzione alla strumentazione (sulle strutture e intonazioni degli strumenti) e alla melodia accompagnata (unica linea melodica cantata e accompagnata da una struttura steumentale). Questo anche perché con l’arrivo del 500 gli accordi iniziano ad essere sempre più legati, per riuscire a migliorare il collegamento all’interno della melodia.

  34. Francesco Santini

    Claudio Monteverdi è stato un compositore che ha fondato la sua carriera all’insegna della ricerca della perfetta relazione fra musica e parola. Monteverdi, poco apprezzato dai musicisti dell’epoca, rientra oggi giorno fra i personaggi centrali della storia della musica. Sì è distinto per la sua personalità, per il suo carattere molto forte che gli hanno permesso sin da ragazzo di ottenere il consenso del pubblico e l’attenzione di uomini di corte.
    Ha sempre cercato di allontanarsi dagli ideali del tempo, dalle regole molto rigide imposte dal sistema modale. il passaggio fra un genere e l’altro è stato difficile;l’antico persisteva ancora.
    È in questi anni che nasce Monteverdi (1567). Siamo a cavallo tra il 1500 e il 1600, terra di mezzo fra l’era antica e quella moderna che Monteverdi stesso introdurrà anticipando alcuni tratti del pre-barocco. Grazie al talento, alla passione e continua deduzione nello studio coglie quelle tecniche caratteristiche del contrappunto che delineavano il sistema modale, ma la sua mente si spinge oltre. Secondo Monteverdi non si percepiva il senso della parola, che aveva un ruolo fondamentale. Gli strumenti inoltre, nello stile antico, potevano esserci e non, e suonavano la stessa linea vocale. Inizia a scrivere i suoi primi brani in musica tonale, ovvero con uno sviluppo verticale delle voci, dando un’attenzione diversa a questi aspetti appena citati. L’armonia continua ad essere presente ma vi sono più giochi fra le varie voci e una maggiore qualità melodica. Nasce inoltre la questione delle famiglie degli strumenti (fiati, archi…); cambia la loro forma originale, considerando anche il fattore estetico e sapendo che se erano belli per l’occhio lo erano ancor di più per l’orecchio.
    Oggi giorno la maggior parte delle persone non sopporta l’antico e viceversa si faticava nell’epoca di Monteverdi a masticare il nuovo e ciò conferma senza dubbio il suo stile innovativo.

  35. Menassi Tiziano

    Monteverdi per aumentare il suo bagaglio culturale/musicale e per aiutarsi con il sostentamento economico, ha trovato lavoro presso la corte dei Gonzaga dove ha composto nel 1607 l’Orfeo, il quale racconta delle nozze tra Orfeo ed Euridice, nel quale viene comunicato ad Orfeo che la sua amata è morta a causa del morso fatale di una serpe. Da qui inizia il cammino di Orfeo per incontrare Caronte e gli Dei per riprendersi l’anima di Euridice in cambio della sua. Monteverdi in questa composizione a differenza di quella della camerata dei Bardi, ha notato la mancanza di continuità per mantenere alto l’interesse del pubblico, così inventò gli effetti musice (attenzione al tipo di musica da inserire, e come piegare la parola al suo significato) e questo diventò un suo punto di forza. Possiamo sostenere che Monteverdi ha pensato l’Orfeo in due spazi differenti: ambiente piccolo (meno strumentazione) e ambiente grande (con più strumentazione a Mantova); questo aumentò il valore degli effetti musice e dell’espressività emotiva. Nella’Oefeo è presente lo stile concitato ( c’è un ribattuto). L’inizio dopo aver riscosso grande successo è stato poi riutilizzato nel Vespo della Beata Vergine una delle sue opere.

  36. Claudio Monteverdi è da considerare precursore dell’era seguente alla sua (1576-1674),cioè il prebarocco diventando cosi la pietra miliare che sancisce il passaggio tra il sistema modale e quello tonale, il genio Monteverdi ha digerito tutte le tecniche modali potendo cosi aprirsi all’era moderna.
    è tipico degli snodi di metà secolo portare grande innovazione come quello tra il 500-600 da a Monteverdi il primato di portare questa modernità nella musica, verrà lo snodo 600-700 dove back risolverà il problema dei temperamenti, quello tra 700-800 dove grazie a Beethoven si abbandonerà progressivamente il rapporto tra musico e mecenate (mecenatismo) e via discorrendo.
    lo stile monteverdiano vuole scardinare i dogmi fino ad allora usati nella tecnica modale e contrappuntistica per arrivare a una monodia accompagnata, una voce per la parola assieme a un accompagnamento strumentale grazie al quale il testo emerge con tutta la sua forza, facendo arrivare molto direttamente il suo concetto, una nuova sensibilità avanza e avanza in favore del sistema tonale, si sviluppa una nuova concezione strumentistica essi infatti fanno cose diverse dalle voci e possono coesistere o essere autonomi ciò va di pari passo con una attenzione molto accorta sulle fattezze stesse degli strumenti si pensava infatti che ciò che è bello per l’occhio non può non esserlo per l’orecchio, una letteratura strumentale era alle porte il 500 è un terremoto che crea una violenta e impensabile interruzione con il mondo antico, Monteverdi non solo è colui che da il via alla scossa ma anche il musicista che creerà le premesse per tutto ciò che verrà

  37. non si può parlare di monteverdi senza citare il suo prediletto metodo compositivo ovvero il madrigale.
    i madrigali di monteverdi sono 8 più uno postumo, i primi due sono estremamente legati legati a cremona e riflettono la sua attività scolastica con la tecnica contrappuntistica già vediamo la sua duttilità, sensibilità nell’amplificare il testo.
    il madrigale è una composizione profana che tratta temi come natura , amore.. il testo è senza dubbio l’elemento centrale, la musica è serva e non padrona delle parole, i grandi poeti vengono musicati dai grandi polifonisti in tutta la letteratura madrigalistica, molto diverso è invece il madrigale medievale le composizioni sono più rudi e non hanno nulla a che fare con l’eleganza monteverdiana che ne perde ogni elemento se non la profanità

    • Pietro Bertoncello

      Come ci fa notare Ludovico, i madrigali monteverdiani sono qualcosa di completamente nuovo rispetto a quelli medievali. È perciò evidente che, al contrario della letteratura, delle opere d’arte, degli studi scientifici che progredivano facendo passi da gigante, la musica è sempre rimasta un po’ indietro, questo a causa della visione che la società aveva su di essa: ricordiamo che ai tempi il musicista era considerato sullo stesso livello di qualsiasi altro mestierante al servizio della corte, solo successivamente la sua figura si è elevata al rango di artista. È quindi logico che Monteverdi abbia ricevuto così tante critiche: anche Picasso, se avesse dipinto “Guernica” nel 1600 e avesse cercato di convincere tutti che il valore della sua opera fosse pari, se non maggiore, a quello di un qualsiasi lavoro di Raffaello, sarebbe stato considerato un incapace. Pensandoci, tutti i grandi artisti hanno fatto così: non si sono accontentati di rimanere fermi all’usuale, ma hanno cercato in ogni modo di cambiare il mondo semplicemente attraverso l’essere sé stessi. Tornando all’ambito poetico, così come Dante è considerato unanimemente il “padre” della lingua italiana, lo stesso dovrebbe valere anche per Monteverdi nei confronti di tutta la musica europea a lui successiva. Come già detto dai compagni: pensare che molti brani che apprezziamo non sarebbero mai potuti esistere senza Monteverdi, denota ulteriormente la sua grandezza, che forse nemmeno oggi è stata ancora del tutto compresa.

  38. Michelle Boakye

    Claudio Monteverdi, genio insuperato, è nato in una modesta famiglia, fu avviato giovanissimo alla musica, che studio sotto la guida del maestro di cappella del duomo di Cremona.
    Nel 1582, pubblicò la sua prima opera, una raccolta di canti a tre voci.
    Monteverdi sin da giovane studiò, da buon cremonese la viola e per questo nel 1593, entro come musicista nella cappella musicale del duca Vincenzo Gonzaga a Mantova, diventandone in seguito musicista ufficiale di corte per diversi anni e al cui seguito de nel 1595 in Ungheria e nel 1599 nelle fiandre.
    Claudio Monteverdi muore a Venezia nel 1643. Ha avuto molto eventi/date importanti nella sua vita.
    Nel 1589 Monteverdi fu assunto alla corte di Mantova in qualità di corista e violinista, dieci anni dopo, nel 1599 sposò la cantante Claudia De Cattaneis e nel 1600 assiste alla prima de L’Orfeo a Firenze per il matrimonio di Maria De Medici. Questo cambiò moltissimo per il suo modo di fare musica.
    Ricordiamoci che noi veniamo dalla polifonia… La polifonia non scomparve completamente perché nella storia i cambi non sono mai metti, c’è sempre un’avanzamento è un decrescere in modo graduale.
    A Monteverdi interessa moltissimo l’Orfeo, tanto che decide di comporre egli stesso un nuovo Orfeo, scegliendo lo stesso soggetto, seguendo le regole che la camerata De Bardi aveva stabilito. Quindi la chiarezza del testo e il canto monodico.
    Nel 1603 il duca di Mantova Vincenzo Gonzaga nomina Monteverdi maestro di cappella.
    Nel 1607 a palazzo ducale per la prima volta viene eseguito l’Orfeo di Monteverdi. Nel 1607, sempre nello stesso anno, muore sua moglie che lo lascia disperato con tre figli.
    Nel 1612 succede a Vincenzo Gonzaga, il figlio.
    Monteverdi lascia Mantova e va a Cremona ma nel 1613 viene assunto come maestro di cappella nella basilica di San Marco a Venezia e ci rimase per il resto della sua vita.
    Morì nel 1643 e fu sepolto nella basilica di Santa Maria gloriosa deh frari, dove tutt’ora ci sono le sue spoglie.

  39. Michelle Boakye

    Venezia fu un periodo molto florido, Monteverdi qui era molto rispettato, ben voluto e ben pagato, arricchì la biblioteca e si avvalse dell’aiuto di altri colleghi musicisti e invano dalla corte di Mantova provarono a convincerlo a rientrare al loro servizio. Visse molto a lungo per l’epoca e fu un musicista molto prolifico sebbene come abbiamo detto gran parte delle sue opere andarono perdute, tuttavia terra le composizioni più importanti del periodo veneziano troviamo: il ritorno d’Ulisse in patria al teatro San Cassiano, primo teatro a pagamento della storia e l’incoronazione di poppea, carnevale 1643, fu uno straordinario successo, ultima sua opera.
    Durante la sua vita fu un musicista molto famoso e la sua musica era diffusa in tutto il nord Europa ma era conosciuto soprattutto grazie ai suoi madrigali. Ne scrisse 7 libri.
    Il lamento di Arianna scritto alla corte di Mantova su testo del rinucci ci raccontano i documenti del tempo fu scritto “nell’impressione della morte della moglie Claudia”
    Probabilmente questo fu il motivo per il quale commosse così tanto il pubblico dell’epoca, la composizione era nata da un dolore purtroppo vero e straziante.
    Il madrigale è una composizione vocale da camera a 4 o 5 voci, principalmente di tema amoroso, molto in uso nel 1500 ma Monteverdi la portò al massimo splendore, di solito la scrittura è polifonica su testi molto raffinati.
    Claudio Monteverdi è un musicista che visse a cavallo tra i due secoli e interpretò alla perfezione lo stile di entrambi i secoli.

  40. Benedetta Chigioni

    Molto interessante è mettere a paragone due composizioni di Monteverdi: Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena e Zefiro torna e di soavi accenti.
    Il primo fa parte delle rime “in morte di Laura” nel Canzoniere di Petrarca e Monteverdi lo colloca nel sesto libro di madrigali. Lo compone a Venezia intorno al 1614. È appunto un madrigale a 5 voci senza accompagnamento strumentale obbligatorio.
    In questa composizione possiamo trovare momenti di imitazione tra le voci, altri di omoritmia e altri ancora mielismatici.
    Nonostante Monteverdi utilizzi la tecnica dello stilus anticus riesce a farlo risultare moderno grazie fors’anche all’utilizzo delle dissonanze.
    Il secondo è sempre una composizione di Monteverdi datata circa al 1632, periodo in cui lui si trova ancora a Venezia, e musica il testo di Ottavio Rinuccini che modificò il testo di Petrarca. Il compositore colloca questo madrigale nel suo IX libro “Scherzi Musicali cioè arie e madrigali”.
    Le differenze che balzano subito all’occhio sono l’utilizzo delle due voci accompagnate da basso continuo strumentale e l’utilizzo del basso ostinato.
    Come analogie invece troviamo ancora i mielismi.

  41. Come dice Matteo nel commento riguardante la “selva morale et spirituale” Monteverdi non solo unisce sacro e profano ma le composizioni sacre non si differenziano da quelle profane: lo stile, i sistemi, le procedure compositive sono le medesime. È anche questo un aspetto estremamente innovativo, prima i testi sacri erano trattati diversamente con procedimenti propri dei testi stessi, mentre Monteverdi dà la stessa profondità e dignità al sacro e al profano. Anche solo nel titolo c’è di fatto l’indicazione: la “morale” è considerata un elemento profano, termine che inserisce con “spirituale”. Nella sua vita , di fatto, compose sei importanti produzioni sacre di cui due già a Cremona con Ingegneri, suo maestro. Con il “vespro della beata Vergine” intende farsi notare dai grandi mecenati come il papa, è una composizione estremamente lunga e ci sono anche testi che di spirituale non hanno quasi nulla ma anche in questa opera è possibile notare come Monteverdi non faccia differenze tra testi sacri e profani infatti già nel primo brano, “deus in adjutorium” utilizza l’introduzione dell’Orfeo da lui stesso composto

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