Prima di un concerto, non vi capita di vedere un musicista che compie “strani gesti ” che non si capiscono?
Tipo i movimenti di un pianista, o di un cantante, mentre realizza la propria performance?
Ricordo quanti commenti, specialmente quando più giovane, mi capitava di frequentare le sale da concerto con amici, che mi accompagnavano più per farmi piacere che per vero interesse.
Devo ammettere che talvolta, ho assistito a manierismi davvero singolari – specie nella musica contemporanea – dove tutto concorre a “fare teatro” da esprimere in ogni modo.
Ecco, è proprio questo il punto: quali gesti necessari e consigliabili per un’esecuzione corretta, quali viceversa del tutto superflui, costruiti anche intenzionalmente per catturare l’attenzione, per essere anche un po’ “personaggi”, ma che nulla hanno a che fare con la musica?
Mi trovo spesso a parlare di come “stare” prima di tutta di fronte alla musica e di fronte alla “materia sonora” da realizzare in un secondo momento.
La postura e le “buone abitudini”
E’ innegabile quanto si trascuri la postura e come viceversa sia un passo su cui valga la pena insistere e su cui innestare le “buone abitudini” che potranno poi convogliare in una strada felice con una spontanea padronanza degli automatismi necessari al far musica.
Posture al pianoforte ad esempio, dove le gambe – spesso una avanti ed una indietro – non facilitano di certo la ricerca dell’equità sulla tastiera, dato che ci sarà uno sbilanciamento laterale, in quanto non sufficientemente ben puntati, ben piantati dalla base.
Ed il pedale? …mi riferisco a quello tonale del pianoforte…
Una postura adeguata, favorirà un buon controllo, senza tutti quei fastidiosissimi e diffusissimi rumori generati dal “pigiare” con eccessiva forza la leva del “tre corde”, quando basterebbe non staccare mai il piede dalla leva, solo da spingere in basso senza sforzo alcuno e soprattutto senza rumori davvero insopportabili!
………ed il busto?
Tanto al pianoforte, quanto all’organo, va bilanciato, dritto sul baricentro della schiena, ma un po’ chino verso la tastiera, così da possedere la necessaria pressione nella trasmissione del peso verso la tastiera, fondamento imprescindibile per avere il suono, il bel suono, o quantomeno una “capacità” sonora.
Postura e virtuosismi tecnici
Si discuteva dell’importanza del peso sulla tastiera – anche all’organo – con i miei insegnanti e tutti erano concordi nel sostenere che risultava tanto più determinante quanto più tecnicamente risultavano evolute le letterature, soprattutto nelle grandi scuole organistiche dell’ ‘800 e ‘900, quando il tecnicismo raggiunse livelli mostruosi (F.Mendelsshon, J.Brahms, fino a L.Vierne, M.Duruflè, ecc.), una “pesantezza” tale da dover abituare l’esecutore, a reggere un meccanismo non indifferente e dove risultava fondamentale ricorrere al peso e alla trasmissione del medesimo sulla tastiera, per compiere passi legati, rapidi, con tecniche problematiche da dominare con maestria, escludendo ogni forma di tensione muscolare, perchè buona parte della gestualità appunto, necessariamente doveva essere passiva.
Interessante notare, come certe posture ricorrano con gli stessi princìpi, come un rituale – fra l’altro, trovo del tutto congeniale, il paragone fra un “artista” e gli antichi mestieri di tali botteghe di artigiani, gelosi come pochi degli antidoti, alchimie, ricette, tramandate di generazione in generazione….
- come gli spostamenti sulla tastiera del pianoforte, che costringono a dirigere il busto nelle zone estreme per andare il più possibile aperti sugli avambracci e garantire coerenza negli appoggi, aderenza di trasferimento e dunque equità nel suono;
- così come – a proposito di podotecnica – con il pedale dell’organo, dove oscillando col busto da un lato, si favorisce la profondità, l’allungamento degli arti all’altro capo della pedaliera, per garantire una comodità adeguata e ben distribuita su tutta l’estensione;
- da ultimo, le stesse questioni sulla vocalità, dove è determinante come si pone il cantante, per un buon attacco del suono, in equilibrio con la propria fisiologia: non starà infatti diritto, poggiato sul baricentro della schiena, comodamente piegato in avanti sulla curvatura naturale della colonna vertebrale, per trovare la maggior comodità possibile negli appoggi e per favorire l’emissione?
La postura e gli ” esercizi” nella vocalità
Certo, è noto che quando “un certo” Mario Del Monaco (….), si apprestava ad eseguire un’opera, come riscaldamento era solito spostare per tutto il palcoscenico un pianoforte gran-coda, ma lo faceva solo per mezzo della pancia nel momento dell’espirazione, allo scopo di allenare il diaframma e le fasce dell’addome ad una buona pressione.
Quella però, era una “fisicità” che oggi non esiste più ed è anche per questo che oggi le posture sono più consapevoli, specialmente in certe categorie (come per i cantanti): direi una necessità!
L’ancoraggio della voce, tutta la fase respiratoria e articolatoria, non sono forse figlie di una postura adeguata?
La strada che porta a disciplinarsi allo strumento – inteso anche come voce – passa obbligatoriamente da una corretta e consapevole postura, costruita con pazienza e sapiente equllibrio, dosata sulla persona specifica, in quanto diversa, nella sua unicità ed individualità.
Solo così, si andrà sicuri e veloci, verso la spontaneità dei movimenti verso la sicurezza delle posizioni che verranno poi tradotte in tecnica ed interpretazione.
Un gesto per ogni tipo di suono, un gesto per ogni situazione tecnica, un gesto per capire come accostarci a risolvere i continui enigmi che il mondo musicale giornalmente ci sottopone con le sue infinite soluzioni esecutive e sonore.
……. pare che i grandi e mai più eguagliati concertisti del passato, ripassassero mentalmente la sola gestualità dei passi tecnici fondamentali contenuti nei loro repertori, dovendosi trasferire frequentemente da un Paese all’altro per l’attività e quindi avendo poco tempo a disposizione per rileggere i brani scelti per le esecuzioni ….
…..inutile dire che i risultati di questo modo di agire, furono sempre straordinari!
Che cosa dovrei aggiungere: se lo facevano loro, non dovremmo forse anche noialtri, specie con la frenesia dettata dai nostri tempi?